La vera storia degli UFO nazisti
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Cosa sono
Per “UFO nazisti” si intendono i presunti velivoli a forma discoidale che sarebbero stati progettati e/o realizzati dai Tedeschi sul finire della Seconda Guerra Mondiale e, stando ad inverosimili e più recenti sviluppi della leggenda, sviluppati al punto da diventare vere e proprie astronavi interplanetarie ed addirittura interstellari.
Le storie si possono dividere in due filoni principali abbastanza diversi tra di loro. Il primo nacque nel 1947, contemporaneamente all’apparire dei dischi volanti, e si sviluppò a partire dal 1950, mentre il secondo ebbe origine intorno ai primi anni ottanta del secolo ventesimo.
Secondo una classificazione arbitraria di questo autore sarebbe più opportuno riferirsi a “dischi tedeschi” (“German saucers”) per il primo ramo originario e a “UFO nazisti” (“Nazi UFOs”) per il secondo, caratterizzato da una profonda mutazione rispetto ai racconti originali.
In ogni caso non esiste alcun riscontro storico documentato, ma soltanto dichiarazioni di pretesi inventori per il primo filone e ancora più bizzarre elucubrazioni, spesso di pura natura fantascientifica, per il secondo.
L’argomento è diventato un esercizio di “wishful thinking” da parte di (molte) persone affascinate dalle tematiche della scienza maledetta tedesca, e da scenari tipici del “what if” o dell’ucronia, e da (poche) persone che lo usano per scopi revanscistici o addirittura politici.
Le Origini del Mito
A partire dall’inizio, ma soprattutto verso gli ultimi anni della seconda guerra mondiale i servizi segreti alleati ricevettero una grande quantità di segnalazioni frammentarie, per lo più delle voci, relative a nuove e fantastiche armi in corso di sviluppo da parte dei Tedeschi. Una parte di esse si riferiva al vero sviluppo delle V-1 e V-2 o di altri sistemi d’arma, ma molte altre parlavano di fantastici armamenti che spesso sconfinavano nell’immaginazione (missili giganteschi, bombe distruttrici di vario tipo ed effetto, gas micidiali, raggi della morte, ecc …) e di cui non si trovò poi alcuna traccia storica nei documenti conosciuti catturati alla fine delle ostilità. La stampa alleata pubblicò molto frequentemente, con un misto di timore e di ironia, tali voci, talvolta contrapponendo alcune storie di armi segrete alleate.
Tra il 1944 e la primavera del 1945 un certo numero di piloti alleati in volo sui cieli europei (con minore frequenza sui cieli dell’oceano Pacifico, nella guerra contro il Giappone) riferì l’osservazione di strane luci notturne, che sembravano seguire gli aerei pur non mostrando mai una attività ostile. Tra il 2 e l’11 gennaio 1945 moltissimi quotidiani americani[1] riportarono la notizia (basata su un dispaccio di agenzia lanciato da un reporter al seguito delle truppe americane) di avvistamenti di “Foo Fighters”, soprannome dato a queste misteriose “palle di cristallo” e luci, ritenute una nuova arma tedesca. La maggior parte degli avvistamenti, avvenuti in condizioni di grande stress emotivo da parte dei testimoni, trovò spiegazione con l’osservazione di Venere o di altri fenomeni spiegabili. Sembra che in uno o più casi gli equipaggi dei bombardieri spararono verso tali luci. Nel dicembre del 1945 Jo Chamberlin[2], un tenente colonnello che servì come assistente del capo supremo delle forse aeree degli Stati Uniti, il generale H.H. Arnold, pubblicò un articolo su una rivista americana, riportando in modo sistematico, per la prima volta, alcune storie di “foo figthers” che aveva raccolto personalmente dagli stessi aviatori durante una sua visita in Europa nella primavera del 1945..
A partire dai giorni successivi alla cessazione della guerra sul fronte europeo e fin quasi alla fine degli anni ’40 la stampa riportò assai spesso notizie relative alla scoperta di progetti tedeschi di nuove armi segrete, soprattutto missili ed aerei a reazione, di concezione avanzatissima. Furono pubblicate anche notizie, sempre presentate con una certa aura di mistero, su armi che sembravano uscire dai fumetti di fantascienza: bombe congelanti, gas paralizzanti, raggi della morte, aerei in grado di volare a 10.000 miglia all’ora, enormi satelliti artificiali dotati di specchi per incenerire il nemico e così via. Tra gli altri, nel 1947 il giornalista italiano Lugi Romersa riferì, sul settimanale “Oggi”, di essere stato testimone, nell’ottobre 1944 sull’isola baltica di Ruegen, di un misterioso esperimento: l’esplosione di una fantomatica “bomba disgregatrice” assai simile negli effetti ad una bomba atomica tattica[3]. Nel 1947 il divulgatore scientifico francese Albert Ducrocq pubblicò un libro dedicato all’argomento delle armi segrete tedesche [4] (in seguito usato come fonte primaria da altri autori e giornalisti, anche italiani) dove, accanto ad armamenti e progetti realmente esistenti, erano presentati altri che erano del tutto sopravvalutati ed altri ancora che appartenevano con ogni probabilità al regno della fantasia. Lo stesso anno un giornalista argentino scrisse un libro [5] in cui si affermava che Hitler era scappato da Berlino e, per mezzo di un convoglio di sottomarini di ultima generazione, si era rifugiato in Patagonia o in Antartide, portando con sè il meglio dei progetti più avanzati della tecnologia nazista, contribuendo così a confermare e sviluppare il mito della sopravvivenza del capo nazista.
Infatti, fin dall’immediato dopoguerra una serie di articoli giornalistici, di racconti [6] e di fumetti propagarono l’idea che Hitler fosse ancora vivo o che almeno i suoi scienziati fossero scappati in qualche località remota, da dove stavano mettendo a punto delle armi rivoluzionarie per conquistare il mondo. Il primo maggio del 1947 venne pubblicato “Rocketship Galileo“[7] il primo romanzo fantascientifico per ragazzi scritto da Robert A. Heinlein: tre adoloscenti ed uno scienziato arrivano sulla Luna a bordo di un razzo e lì trovano una base segreta nazista. Successivamente trovano i resti di un’antica civiltà lunare e ritengono che i crateri sul satellite siano stati provocati dall’esplosione di bombe atomiche che avevano distrutto l’antica civiltà[8]. Un curioso libro che toccava l’argomento di misteriosi scienziati nazisti occupati a sviluppare armi terrificanti fu pubblicato in Italia nel 1948 [9], mentre lo stesso anno il settimanale “La Domenica del Corriere” pubblicò una serie di quattro articoli [10] in cui si suggeriva che i dischi volanti (ma anche i misteriosi sottomarini osservati nelle acque di diverse nazioni, soprattutto in Sudamerica) fossero delle armi di gruppi di nazisti fuggiti al crollo del Terzo Reich. La letteratura prodotta da allora sul mito della sopravvivenza di Hitler, spesso legata ad una scienza mirabolante, è stata copiosa sia da parte di gruppi neo-nazisti o a loro vicini, che da altre fonti, probabilmente ammaliate dalla fascinazione del male rappresentato dal dittatore nazista. [11] Già in occasione delle osservazioni di “razzi fantasma” sulla Scandinavia (e sulla stessa Italia) circolarono delle bizzarre voci che vedevano in quei misteriosi ordigni dei “razzi postali” per la comunicazione tra cellule naziste. [12]
Nel suo complesso l’idea espressa era forte ed affascinante. La malvagia scienza nazista aveva prodotto delle meraviglie tecnologiche quasi incredibili, e forse ancora dell’altro. Ora questa tecnologia era stata catturata dagli Alleati, ma anche e soprattutto dal nemico russo (un concetto usato più o meno velatamente ai fini della propaganda durante gli anni quaranta e cinquanta): il pericolo poteva giungere da armi segrete sovietiche sviluppate proprio sulla base di tecnologia nazista [13]. Nel corso degli anni della guerra fredda, soprattutto sino alla fine degli anni ’50, nei paesi occidentali girarono molte voci relative appunto ad improbabili quanto fantastiche armi russe, dischi volanti compresi, di cui poi non si rinvenne alcuna traccia [14], ma che vennero talvolta sfruttate per giustificare gli investimenti militari americani e dei loro alleati. L’idea del disco volante come invenzione terrestre fu anche alla base del primo lungometraggio dedicato ai dischi, “The Flying Saucer“, girato nel 1949 ed uscito negli Stati Uniti il 1° gennaio 1950, anche se il 15 febbraio 1949 era già uscito il serial in quindici puntate “Bruce Gentry, Daredevil of the Skies“, in cui, per la prima volta sullo schermo, appariva un disco volante terrestre (con tanto di cupola, il tutto realizzato sotto forma di cartone animato) inventato dal cattivo di turno.
Durante l’ondata americana di avvistamenti di dischi volanti del 1947 una delle prime e più popolari ipotesi fu proprio quella dell’arma segreta, amica o nemica. Fin dai primi giorni di luglio apparvero sulla stampa le affermazioni di chi pretendeva di essere l’inventore dei dischi. Per esempio, un orologiaio di 34 anni di Chattanooga (Tennessee) disse di avere inviato fotografie e disegni di un modello di disco al Dipartimento della Guerra nel 1943, ma gli fu risposto che l’idea non era fattibile, ricevendo il consiglio di prendere contatto con l’industria aeronautica privata. Era però convinto che il governo avesse usato il suo progetto per produrre i dischi, che lui riteneva essere propulsi da “energia atomica” (mentre nel suo progetto erano azionati da una cinghia di gomma). [15] Un tale ingegnere inglese di nome Ashlin, residente a Valparaiso (Cile) affermò che i dischi volanti erano delle armi segrete. Lui stesso aveva proposto nel 1940 un progetto simile al governo britannico, che, però, lo rifiutò. I dischi erano fatti di un metallo speciale e ruotavano su se stessi a velocità enormi. [16] Un idraulico di Vancouver (Canada) riferì di un proprio progetto per un aeromobile circolare a forma di doppio piatto, che, sebbene giudicato possibile, fu rifiutato dalla Boeing nel 1942 [17]. Un certo numero di articoli pubblicati dai quotidiani americani, il primo addirittura già il 28 giugno 1947[18], ricordarono le osservazioni dei “foo-fighters”, riportando le testimonianze di alcuni veterani (uno ebbe un avvistamento proprio sopra il territorio italiano) e citando occasionalmente l’articolo di Jo Chamberlin del 1945. L’idea di fondo era che i dischi visti nei cieli sopra i cieli americani non fossero nulla di nuovo e che le osservazioni avvenute durante la guerra si riferissero a nuove armi segrete tedesche.
Alcuni militari americani temevano che i dischi potessero essere velivoli sovietici sviluppati sulla base di progetti nazisti: del resto loro stessi avevano catturato progetti fuori dal comune, per cui i dischi potevano essere una possiiblità concreta. I militari fecero notare che la forma degli oggetti descritti da Arnold era molto simile a quella del prototipo di caccia a reazione tedesco Horten Ho 229. Anche Fred Crisman, uno dei protagonisti del dibattuto falso di Maury Island del 1947, dichiarò di “avere letto su una rivista” che i dischi potevano derivare da una tecnologia catturata ai Tedeschi. [19] Una notizia pubblicata da un quotidiano iraniano fu ripresa, soprattutto, dalla stampa americana: degli oggetti luminosi simili a stelle, che esplosero rumorosamente lasciando una scia di fumo, erano stati osservati in prossimità con il confine afgano e messi in relazione con una nuova, fantomatica, arma segreta indicata come “V-20”[20].
L’11 luglio 1947 un tale dottor T. Kelterborn (forse un dentista) scrisse al governatore americano di Francoforte una lettera in cui citava l’articolo di un quotidiano di Dortmund dedicato agli avvistamenti di dischi volanti negli Stati Uniti. Si presentava come l’inventore dei dischi: nel 1944 avrebbe mandato la richiesta di brevetto all’apposito ufficio di Berlino, senza però ricevere alcuna risposta. La sua invenzione era probabilmente caduta nelle mani dei Russi, che stavano facendo volare i dischi nei cieli americani. Ovviamente l’uomo si metteva a disposizione delle autorità americane per rivelare i dettagli della sua invenzione.
Un quotidiano canadese del 12 luglio[21] annunciò una relazione diretta tra i misteriosi dischi volanti ed altrettanto misteriose armi segrete naziste. Secondo un informatore anonimo, durante l’offensiva tedesca delle Ardenne del dicembre 1944 le truppe alleate avrebbero osservato degli strani proiettili, una specie di globi “ultra radianti” che passavano di tanto in tanto sul loro zenith. L’informatore ricordava che si era parlato molto di questo episodio per due o tre giorni, ma poi la censura alleata aveva messo a tacere tutto. L’anonima fonte dell’articolo era convinto che gli alleati avessero ritrovato dei proiettili inesplosi al suolo o dei loro frammenti, sufficienti per studiarli. Grazie alla collaborazione di scienziati tedeschi portati negli USA e in Canada l’esercito americano era riuscito a ricostruire tali proiettili e quindi a lanciare i “globi radianti” sulle aree nordamericane dove erano poi stati avvistati i dischi volanti.
Un altro cittadino tedesco, Hans-Adalbert Ahuis, residente a Asnabruck, scrisse una lettera all’ambasciata USA in Germania il 16 Luglio. Si riferiva agli avvistamenti di dischi volanti in America, citando in particolare il ritrovamento diRoswell, ritenendoli seri e non frutto di visioni, e definendosi un “esperto”. L’uomo affermava di avere sviluppato un modello di “disco volante” nel 1936. Le sue prestazioni sarebbero state eccellenti e si offriva di proseguire la ricerca e lo sviluppo di questo aereo circolare in un qualche luogo degli Stati Uniti. La voglia di scappare dalla Germania distrutta del dopoguerra era molto forte.
I quotidiani americani pubblicarono frequentemente articoli ironici e di costume sugli avvistamenti di quelle settimane e su quello che i dischi potevano essere o rappresentare. Del tutto occasionalmente si occuparono ironicamente anche di Hitler come possibile causa dei dischi stessi. In un caso fu scritto che si era rifugiato in qualche caverna inesplorata del Grand Canyon, dove aveva fatto sviluppare il missile guidato perfetto, lo stesso che si mostrava volando nei cieli[22]. In una lettera inviata ad un quotidiano locale, un lettore di Sacramento scriveva che Hitler era riuscito a scappare su Marte e che ora, attraverso i dischi, stava cercando di contattare alcuni dei suoi accoliti per farlo ritornare sul nostro pianeta[23].
Sempre nel 1947, il 5 agosto, un tale Guido Bernardy di Francoforte scrisse una bizzarra lettera di cinque pagine al generale americano Clay per rivelargli il “segreto dei dischi volanti”. L’uomo affermava che durante la guerra aveva lavorato in una fabbrica sotterranea tedesca dove venivano sviluppati progetti avanzati di aerei a reazione e di avere saputo che un tale professor Maurer era coinvolto in alcuni progetti atomici destinati ad aumentare la gittata di alcuni missili. Inoltre, due sensitivi si sarebbero rivolti a lui poco tempo prima, affermando di sapere che due professori tedeschi, il già citato Maurer e un certo Kleistow, avevano creato per conto di Hitler (che era ancora vivo, essendo scappato a bordo di un sottomarino appositamente costruito dalla marina tedesca) i dischi volanti che erano stati visti nelle settimane precedenti. Si trattava di armi micidiali: Europa e Stati Uniti sarebbero stati in pericolo di distruzione, se gli Americani non fossero intervenuti per tempo. Tali dischi avevano una dimensione di 7,50 x 3,45 metri, volavano a “1.900 Km all’ora” (la stessa velocità riportata da alcuni quotidiani in relazione ai dischi visti in America) ed avevano un’autonomia “da 50 a 60.000 chilometri”. I dischi non sarebbero più apparsi fino al 27 agosto, data in cui ci sarebbero stati avvistamenti sul Texas e sul Kansas. Il 24 settembre di quello stesso anno si sarebbe dovuto tenere, alla presenza dello stesso Hitler, il test di lancio sottomarino di quelli che venivano indicati come “proiettili-disco”. [24] Sembra che l’uomo fu interrogato da un agente speciale americano, che lo definì come “sincero”.
Qualche mese dopo l’ondata estiva alcuni quotidiani americani[25] pubblicarono un articolo di un reporter da Ginevra, Lionel Shapiro, in cui si affermava che tre scienziati tedeschi avevano sviluppato in Spagna, sotto la protezione del generalissimo Franco, un “razzo elettromagnetico” che sarebbe stato responsabile degli avvistamenti di dischi volanti sopra il Nord America, nonchè di uno o due incidenti aerei. La storia presentava le caratteristiche di un racconto di spionaggio e probabilmente fu un’invenzione del suo autore, uno scrittore che stava promuovendo un suo libro di “spy story” uscito alcune settimane prima.
Verso la fine di dicembre 1947 un deputato del Congresso americano (Harris Ellsworth) dichiarò che i dischi volanti erano razzi russi che volavano a velocità fantastica e con un’autonomia praticamente illimitata. In questo modo, grazie alla pubblicazione su centinaina di quotidiani USA, spesso in prima pagina, l’idea dell’origine terrestre dei dischi volanti, sotto forma di eccezionale arma segreta, veniva ulteriormente rafforzata[26].
Ai primi di novembre del 1948[27] in Brasile apparve un personaggio attraverso cui, per la prima volta, la stampa presentava una storia sufficientemente strutturata su un inventore che dichiarava di avere costruito o partecipato alla costruzione di un “disco volante”. L’ex capo di una rete di spie naziste in Sud America era rinchiuso in un carcere brasiliano con una condanna a 30 anni per spionaggio e, chiaramente, offriva le sue pretese conoscenze in cambio della sua libertà. Nils Christian Christensen (un nome di copertura) fu a lungo intervistato dal quotidiano di Rio De Janeiro “Diario de Noticias”, che gli dedicò ben venti diversi articoli, pubblicati tra il 7 dicembre 1948 ed il 27 gennaio 1949, che descrivevano la sua vita e le sue avventure. Il 5 novembre il quotidiano serale “Diario Da Noite”, conosciuto per il suo approccio sensazionalistico, aveva pubblicato per la prima volta le sue dichiarazioni, con cui affermava di avere sviluppato un disco volante durante la guerra, sotto il comando degli ingegneri Werner e Wichmann. Era guidato via radio ed era destinato a fotografare i territori nemici ed a funzionare come arma antiaerea. Un esemplare in scala ridotta del disco sarebbe stato sperimentato con successo nel gennaio del 1941, tre mesi prima della sua partenza per il Brasile.Il velivolo era composto da tre sezioni fatte di alluminio e ruotava su se stesso, usando petrolio come combustibile. Christensen era disposto a costruire per il governo brasiliano una di quelle aeronavi di 20 o 30 metri di diametro, in appena 90 giorni e con un costo di 400 mila cruzeiro.Secondo lui, la sua ‘invenzione sarebbe stata l’unica capace di “annullare l’azione della bomba atomica, ad una velocità di mille chilometri senza rifornimento in volo e per un massimo di 30 ore”. Nei giorni successivi l’uomo scrisse all’esercito brasiliano un memoriale con informazioni dettagliate sul progetto, senza chiedere nulla in cambio del brevetto e dichiarando che i piani principali sarebbero stati eseguiti da lui stesso, mentre i disegni ed i dettagli del sottoinsiemi potevano essere realizzati anche da “giovani ingegneri”[28]. L’uomo dichiarò ai giornali di essere un grande inventore e di avere progettato, tra le altre cose, anche un disidratatore ed “atomizzatore” di alimenti.
Una curiosa notizia fu pubblicata da alcuni quotidiani il 14 maggio 1949: secondo alcuni ufficiali dell’aeronautica militare americana i dischi volanti erano macchine che sfruttavano il principio del giroscopio e provenivano dalla Spagna, dove si erano rifugiati degli scienziati nazisti e forse lo stesso Hitler.
In questo modo l’apparizione di velivoli misteriosi caratterizzati da forme e da prestazioni apparentemente fuori dal comune veniva subito messa in relazione con un immaginario altrettanto fuori dal comune: quello della misteriosa tecnologia nazista su cui tanto si favoleggiava. Ad essa si attribuivano possibilità prima impensabili e la paradossale fascinazione del male nazista aumentava la credenza che eventi così strani potessero essere ricondotti all’uso di tale tecnologia avanzata e maledetta. Sembra che alcuni degli stessi militari americani fossero convinti che quantomeno una parte delle descrizioni dei dischi potessero essere legate a velivoli disegnati, costruiti e sperimentalmente testati durante il Terzo Reich, memori dei tanti progetti e tecnologie che erano stati trovati durante l’occupazione della Germania. Un memorandum del quartier generale della sesta regione del 970th Counter Intelligence Corps Detachment fu redatto in tal senso il 10 novembre 1947 dall’agente speciale William E. Lahned jr., che spiegava anche come fosse stata raccolta un’ampia documentazione in merito all’ “apparizione, descrizione e metodi funzionali di un oggetto dal nome disco volante”. Nel memorandum si chiedeva di cercare tutto il personale tedesco che era stato coinvolto in quei progetti. In realtà i militari si riferivano al rivoluzionario caccia a reazione Horten IX-Nurflügler e, più in generale, agli altri progetti dei fratelli Horten, i cui strani velivoli a forma di ala volante potevano (se realizzati dai Russi sulla base di quanto era stato da loro catturato alla fine della guerra) essere scambiati per “dischi”.
Curiosamente, il 24 marzo 1950 un tale Heinz Hausman dichiarò di avere scattato una fotografia ad un disco volante mentre si trovava sull’isola di Maiorca, L’oggetto ritratto nell’immagine era rotondo e mostrava cinque getti luminosi che uscivano dalla sua circonferenza, come prodotti da altrettanti motori. Il concetto dei dischi dotati di motori (a reazione!) collocati lungo il loro bordo era già stato abbozzato da alcuni illustratori, ma venne velocemente ripreso da molti inventori di dischi volanti tedeschi e da un numero ancora maggiore di illustratori. A seguito di quella fotografia, stando ad una rivista italiana [29], un gruppo di ex-appartenenti ad uno speciale reparto della Luftwaffe inviò una relazione al cancelliere tedesco Adenauer per manifestare il timore che i progetti del “razzo teleguidato V-7” fossero caduti nelle mani di una potenza straniera. Tale notizia fu però pubblicata nel 1954, quando il termine “V-7” era stato associato alle storie dei dischi tedeschi a partire dal 1952.
1950: arrivano gli inventori dei dischi volanti
A partire dalla metà del marzo 1950 in Italia ed in altre nazioni dei continenti europeo ed americano si verificò una grande ondata di avvistamenti UFO (ancora non ben conosciuta nei suoi reali aspetti quantitativi), la prima di tale portata a livello planetario. In questo clima di rinnovato interesse per i dischi volanti[30]nacquero altre storie di inventori ed invenzioni tedesche legate ai dischi stessi.
Parecchi quotidiani americani tra il 10 ed il 12 marzo 1950[31] riportarono che il principe Otto d’Asburgo aveva affermato, in una conferenza anticomunista tenuta a Salem il giorno 9, che i dischi volanti erano dei velivoli russi in missione di rilevamento geografico. Secondo le sue affermazioni. alla fine della guerra i Russi avrebbero acquisito dai Tedeschi nove diverse armi della serie “V”, due delle quali erano state poi completamente sviluppate. Una di esse, grazie all’aiuto di scienziati tedeschi, avrebbe poi dato origine ai dischi volanti osservati sopra gli Stati Uniti.Il concetto di altre super-armi segrete, oltre alle conosciute V-1 e V-2, solitamente fino alla numero otto, sarà presente sulla stampa italiana (sempre in relazione a storie di “dischi tedeschi”) tra il 1950 ed il 1952, indicando nella V-8 i dischi volanti. Nella primavera del 1952, invece, un fondamentale articolo francese associava i dischi alla sigla “V-7”, che, da quel momento, diventerà praticamente sinonimo di disco volante tedesco. In realtà già nel 1946 il settimanale italiano “Il Pubblico”, poi ripreso nel 1948 da “So Tutto”, aveva presentato un elenco di otto fantastiche armi “V” nell’ambito delle discutibili dichiarazioni di un ufficiale nazista. Ovviamente, all’epoca tra di esse non compariva alcun “disco volante”.
In Brasile, alcuni quotidiani tra la metà e la fine di marzo[32] pubblicarono nuovamente le dichiarazioni del tedesco Starziczny (alias Christensen), che era ancora in carcere, un ingegnere meccanico che si era formato all’università di Breslau con all’attivo un centinaio di brevetti di invenzioni. L’uomo affermò che la prima idea di costruzione dei dischi era stata sua, ma il generale Fiúza de Castro, capo di stato maggiore dell’esercito, negò che avesse ricevuto alcuni tipo di progetto da parte di Christensen, definendo l’intera storia come una pura fantasia. Sul quotidiano “A Noite” del 18 marzo disse, con argomentazioni piuttosto ingenue, che il disco era destinato alla difesa antiaerea: una specie di siluro propulso da due motori a reazione, che, raggiunta una certa quota, doveva scaricare del liquido infiammabile sopra gli aerei nemici.In un’intervista di qualche giorno prima aveva affermato che il progetto per una “Raumschiff”, cioè una nave spaziale[33], sarebbe stato proseguito nei laboratori di Stettino anche dopo la sua partenza. Nel 1945 sarebbe stato operativo e capace di raggiungere un’altitudine di 30.000 metri. L’uomo ricordava che i Russi avevano catturato tutti i progetti ed i tecnici a Stettino e che i dischi volanti apparsi nei cieli di tutto il mondo erano uno sviluppo sovietico, ma lui era in grado di riprodurlo per l’esercito brasiliano. In ogni caso era sua precisa convinzione che i dischi volanti non venissero da altri pianeti, come invece volevano fare credere i giornali stranieri. Nell’edizione del 24-25 marzo 1950 il quotidiano “Il Giornale d’Italia” pubblicò in prima pagina (in almeno due versioni leggermente diverse) un articolo che probabilmente innescò in modo definitivo la leggenda dei cosiddetti “dischi nazisti”. In realtà la notizia fu pubblicata lo stesso giorno su numerosi quotidiani americani, proseguendo poi nei giorni 25 e 26, anche con articoli in prima pagina, grazie ai dispacci diffusi dalle agenzie Associated Press e INS (International News Service). L’ingegner Giuseppe Belluzzo (1876-1952), un esperto di fama mondiale nel settore delle turbine e detentore di numerosi brevetti nonché ex-parlamentare e ministro durante il periodo
fascista, affermava che i dischi volanti erano lo sviluppo di un progetto originale italiano del 1942, successivamente passato ai Tedeschi, i quali lo perfezionarono. Alla fine della guerra i progetti sarebbero stati catturati, probabilmente dai Russi che avrebbero poi costruito quelli che i testimoni occasionali chiamavano “dischi volanti”. L’articolo, firmato dallo stesso Belluzzo, era accompagnato da un disegno tecnico e altri ne vennero pubblicati due giorni dopo su un altro quotidiano[34], mentre la notizia venne ripresa da numerosi giornali italiani [35], in seguito anche da una rivista di divulgazione scientifica. [36]Le argomentazioni di Belluzzo vennero smentite qualche giorno dopo dall’ex generale Ranza dell’aviazione italiana. Fu così che la storia dei dischi volanti come armi segrete italo-tedesche fu ripresa da molti quotidiani in diverse nazioni, Germania compresa [37]: dopotutto appariva una spiegazione accettabile, visto il contesto in cui nasceva, e sicuramente meno fantastica della possibile origine extraterrestre. Il primo aprile “Il Giornale d’Italia” pubblicava un commento di Belluzzo in risposta ad una lettera di un lettore sul suo articolo di una settimana prima.
Il quotidiano “Pomeriggio” del 29 marzo 1950 riferì la storia di un fisico tedesco di nome Walter Hesse che avrebbe progettato, durante la guerra, un “disco volante” dotato di turboreattori capaci di imprimere un forte movimento rotatorio. Alla fine della guerra scappò dal laboratorio segreto, controllato da un gruppo di SS, in cui lavorava, portando con sè tutta la documentazione sul progetto. Successivamente si consegnò ai Russi, i quali lo portarono in una base a collaborare con altri connazionali per continuare lo sviluppo dei dischi, che Hesse, all’epoca riparato in Svezia, definiva come velivoli realizzati dai sovietici. La notizia fu riportata anche da altri quotidiani[38].
Fu proprio in Germania che il 30 marzo 1950 il popolare settimanale “Der Spiegel” [39] pubblicò un articolo che sarebbe diventato un cardine fondamentale dell’intera leggenda. In esso si citavano le dichiarazioni di Belluzzo, ma, soprattutto, era intervistato un tale Rudolf Schriever. Secondo l’uomo (nato l’8 dicembre 1909 e presentato come un ingegnere aeronautico, che a quel tempo lavorava come autista per l’esercito americano. In realtà aveva iniziato la sua attività come marinaio, per poi diventare pilota civile e quindi pilota collaudatore presso la società Eger, peraltro senza alcun background tecnico-scientifico specifico), lui aveva progettato una sorta di “elicottero a reazione” di forma circolare e di 14,4 metri di diametro, con tre motori a reazione collocati sotto le pale di un’enorme turbina al cui centro c’era la cabina di pilotaggio (3,6 metri di diametro e 3,2 metri di altezza), capace di alzarsi in volo verticalmente con prestazioni eccezionali (6.000 chilometri di autonomia e 4.200 Km/h di velocità). Il 15 aprile 1945, a Praga, il progetto era quasi pronto, ma egli dovette fuggire per l’avanzata dei Russi portando con sè sia una copia dei documenti sia un modello del velivolo. Il 4 agosto 1948, però, progetti e modello gli furono rubati. Schriever riteneva che i progettisti che avevano lavorato con lui avessero realizzato la sua idea per una potenza straniera (l’Unione Sovietica), dichiarandosi in grado di poterla riprodurre e di farla volare. Per lui i “dischi volanti” erano reali e sapeva bene cosa erano.
Il tema di fondo delle affermazioni di Schriever è simile a quello che altri pretesi inventori dei dischi volanti che apparvero a partire dal 1947: l’essere in grado di produrre dei velivoli con prestazioni avanzate (ma assolutamente improbabili dal punto di vista aeronautico, come alcuni esperti di aviazione hanno fatto notare[40], al di là della completa mancanza di riferimenti storici oggettivi presenti negli archivi ufficiali tedeschi o di altre nazioni), mettendosi a disposizione degli americani e conseguendo dei vantaggi economici in una situazione di vita difficile. Uno scenario piuttosto simile riguardò, fino ai primissimi anni cinquanta, anche altri settori, per esempio quello dell’ancora misteriosa energia atomica. Tecnici e scienziati più o meno improvvisati o addirittura semplici inventori autodidatti di diverse nazionalità si offrirono a vari governi per disporre di armi o tecnologie atomiche economiche attraverso vie non convenzionali. [41]
Il 2 aprile il settimanale tedesco femminile “Heim und Welt” [42]resentò brevemente le affermazioni di Schriever, sembra sulla base di una lettera inviata dall’uomo alla rivista. L’articolo aveva tre illustrazioni che mostravano la “trottola volante” a terra ed in volo: le illustrazioni erano piuttosto grossolane e sarebbero state poi riprese da almeno un quotidiano italiano e nel novembre 1954 dalla rivista francese “Tout Savoir”. La notizia della supposta invenzione di Schriever fu ripresa parecchie volte dalla stampa tedesca nei giorni successivi, ma anche da numerosi giornali internazionali, tra cui molti americani, con articoli in prima pagina e talvolta completi della ricostruzione grafica del velivolo. Sempre negli Stati Uniti, nei primi giorni di aprile, la stampa ripropose l’ennesima “scoperta” di un’arma segreta americana che sarebbe stata la causa degli avvistamenti di dischi volanti: questa volta veniva attribuita alla Marina, che nel 1942 aveva valutato (e quindi poi probabilmente sviluppato) un modello preliminare proposto da Charles H. Zimmermann della NACA. Era propulso da due motori a pistoni[43].
Un italiano di nome Giovanni Dalla Bona dichiarò che i dischi erano una sua invenzione. I suoi progetti erano stati inviati in Germania dal governo italiano nel 1939, lo stesso anno in cui era riuscito a far volare un modello di 50×35 centimetri nella sua officina a Lucerna (Svizzera). Era una specie di cono rivolto verso l’alto, in cima a cui c’era una cabina trasparente. Tutta la parte compresa tra la cima e la base ruotava velocemente, ed a essa erano attaccate quattro piccole ali che permettevano al velivolo di alzarsi in volo[44].
Il settimanale “Die Strasse” di Amburgo del 9 aprile 1950 pubblicò un ampio articolo corredato da una grande e suggestiva illustrazione di una sorta di elicottero a reazione. In esso si accennava alle dichiarazioni di Belluzzo sulla stampa italiana e al fatto che l’ingegnere avesse affermato che con lui avevano collaborato due ingegneri tedeschi, Kurt Schnittke di Regensburg e un certo Rentel, che nel 1945 sarebbe passato con i sovietici, aiutandoli, con altri tecnici tedeschi, a costruire i loro “dischi”. Un giornalista del settimanale rintracciò Schnittke, ma non è chiaro se fu veramente Belluzzo a parlare dei due tedeschi o se invece fu lo stesso Schnittke e/o “Die Strasse” a creare un tale collegamento per offrire un sostegno indiretto alle proprie dichiarazioni (un atteggiamento questo piuttosto frequente nelle storie degli “UFO nazisti”). Al momento, non si è a conoscenza di altre fonti (eccetto la tedesca “Volkszeitung” del 22 aprile 1950, che molto probabilmente riprese quanto pubblicato dal settimanale di Amburgo) che riportano affermazioni di Belluzzo di questo tipo. L’atteggiamento di fondo dell’articolo (come della maggior parte degli altri sullo stesso argomento pubblicati dalla stampa tedesca) può definirsi “patriottico”. Schnittke affermava che il contributo dei Tedeschi al progetto di Belluzzo era stato fondamentale: lui aveva cominciato a lavorare sul progetto di un velivolo ad ala rotante, il cui compito era quello di esplodere in mezzo alle formazioni di bombardieri, fin dal marzo 1943. Si trattava di un corpo centrale vagamente sferoidale (contenente i serbatoi del carburante, gli apparati di radiocontrollo ed un carrello di atterraggio) a cui erano fissate due ali di 26 metri di lunghezza e 3 di larghezza (un progetto successivo avrebbe raddoppiato queste misure), che ruotavano vorticosamente attorno ad esso. Alle loro estremità, infatti, era collocato un motore razzo (dello stesso tipo usato per il caccia-razzo Me163). Il velivolo raggiungeva in un minuto la sua quota massima di 10.000 metri, assumendo di notte l’aspetto di un disco luminoso in virtù degli scarichi fiammeggianti lasciati dai motori che ruotavano.
Il 13 aprile il settimanale tedesco “Wochenend” uscì con un articolo in cui un tale ingegnere Carl Wagner riferiva in una lettera di avere visto nel 1938 i progetti di un “disco volante” (in realtà un velivolo rivoluzionario a metà tra un elicottero ed un aereo tutt’ala) e di averne sentito poi parlare nel 1943. Le sue dichiarazioni, molto simili a quelle di Belluzzo, sarebbero state scritte e spedite prima della comparsa dell’articolo de “Il Giornale d’Italia”. La descrizione di questo disco era accompagnata da uno schema e da una bella rappresentazione artistica di grandi dimensioni, che mostrava il progetto: una cabina ovoidale attorno a cui ruotava un anello esterno, su cui erano poste delle alette, da ognuna delle quali usciva l’ugello di un motore a reazione per fornire il movimento rotatorio all’anello stesso. Un altro jet era posto nella parte posteriore della cabina, un particolare questo che sarà ripreso da disegni successivi, soprattutto quelli presentati dal tedesco Klass intorno alla metà degli anni sessanta. C’era anche una piccola fotografia di Belluzzo intento a leggere la prima pagina del “Giornale d’Italia” con il suo primo articolo. Secondo l’esperto di aviazione tedesco Horst-Dieter Lux, intervistato dalla rivista, il progetto aveva senso e poteva essere definito come un nuovo tipo di elicottero, tecnicamente in grado di volare.
Pochi giorni dopo la pubblicazione delle dichiarazioni di Giuseppe Belluzzo il quotidiano “Il Giornale dell’Emilia” [45] pubblicò alcune notizie riferite da un ex-capostazione, tale Lino Saglioni (che sembra inviò una lettera al giornale proprio per confermare le dichiarazioni di Belluzzo). L’uomo affermava, sia per esperienza diretta che sulla base di informazioni ricevute da “persone degne di fede” negli ultimi anni della guerra, che degli scienziati italiani nel 1942 avevano osservato delle “manifestazioni casuali di fenomeni fisici” durante la sperimentazioni di turbine, concependo la possibilità di sviluppo di un nuovo velivolo denominato “sfera volante” (il riferimento indiretto a Belluzzo è palese). I Tedeschi avevano poi ricevuto dagli italiani i progetti per lo sviluppo della nuova arma (una “sfera molto schiacciata ai poli”) ed avevano creato un apposito centro di ricerca nel nord-est della Norvegia, non lontano dallo stabilimento dove veniva prodotta l’acqua pesante per le applicazioni atomiche. Saglioni sarebbe stato reclutato in un reparto speciale di commandos britannici destinato a sabotare quelle installazioni segrete, ma non partecipò all’operazione, che fallì con la morte di tutti soldati (stranamente ad opera della Gestapo, come riferì una fonte successiva [46]). Il rivoluzionario velivolo sarebbe stato radiocomandato mediante un sistema che gli scienziati tedeschi chiamavano “radiocomando acustico”. Dopo la guerra i progetti sarebbero stati perfezionati dagli anglo-americani prima e dai Russi poi, diventando i “dischi volanti” osservati nei cieli. Sebbene le dichiarazioni dell’uomo mostrano molte ambiguità, sembrano essere riprese dalle vicende, già romanzate all’epoca, dell’azione dei commandos britannici contro gli stabilimenti norvegesi dell’acqua pesante, e non hanno alcun riscontro storico. Renato Vesco fece sua questa storia e la usò (insieme ad altre semplicemente tratte da notizie di stampa dell’epoca) per sviluppare le sue tesi in merito all’esistenza dei rivoluzionari caccia rotondi tedeschi “Kugelblitz” e “Feurball”, progenitori dei dischi volanti. Grazie alla diffusione delle affermazioni di Belluzzo prima e di Schriever poi, apparvero tutta una serie di personaggi che, anche negli anni successivi, si presentarono come i “veri” inventori dei dischi. Dopotutto, se i giornali avevano dato spazio ad altri, potevano darlo ancora e consegnare loro qualche sprazzo di notorietà.
Alcuni quotidiani italiani [47] pubblicarono, intorno alla metà di aprile del 1950, le dichiarazioni di un certo Hans Kosinski, dichiaratosi ex-capitano della Luftwaffe, che si trovava a Perugia. La fonte primaria sembra essere il quotidiano “Umbria” del 16 aprile 1950, secondo cui il tedesco (“Gans Kosjnski”) aveva raccontato la sua storia ad un conosciuto cittadino, Corrado Sassi. Secondo l’uomo durante la guerra i servizi tecnici della Wermacht avevano sviluppato un potentissimo e rivoluzionario carburante che sarebbe stato poi utilizzato per la propulsione di un velivolo circolare, come pure una rivoluzionaria lega metallica, leggera e capace di resistere ad altissime temperature. Nel 1944 l’apparecchio effettuò il suo primo volo, dimostrando un’autonomia eccezionale ed una velocità ascensionale supersonica. Solo cinque esemplari vennero costruiti, successivamente nascosti per ordine di Hitler durante l’invasione della Germania. I cinque dischi sarebbero stati quindi smontati e trasferiti nell’isola della Regina Maud, in Antartide (ma l’ “Umbria” parlò genericamente di basi segrete dislocate lungo le coste dei mari del nord). Questa notizia aveva al suo interno alcuni concetti (es.: il volo di prova nel 1944, la eccezionale lega metallica, le incredibili prestazioni) che saranno ripresi due anni dopo, ed oltre, da altri pretesi inventori e testimoni, nonchè – per la prima volta – la saldatura tra le voci ricorrenti di fuga di scienziati nazisti (e dello stesso Hitler) in Antartide, all’interno di basi segrete, e la novità delle possibili fantastiche armi rappresentate dai dischi volanti.
Tra il 20 ed il 22 aprile 1950 un quotidiano italiano[48] pubblicò una serie di tre articoli in cui un giornalista raccontava la storia romanzata dello sviluppo di nuovi armi segrete, ed in particolare di dischi volanti, in Germania durante la guerra. Un certo professore Albert Scholz avrebbe progettato e costruito un disco in duralluminio, chiamato “V-8”, di diametro compreso tra i 3 e gli 8 metri, propulso da un motore a nafta e controllato a distanza. Il suo scopo, volando a 3.600 km/h, era quello di sganciare una bomba atomica, la settima delle armi segrete descritte nell’articolo. I motori venivano costruiti in tre diverse fabbriche, mentre i dischi venivano assemblati e testati vicino a Stargard, in Pomerania. Nel marzo del 1944 otto dischi erano pronti ed il 18 marzo venne effettuato un volo dimostrativo alla presenza di Hitler. Quando i Russi si avvicinarono alla base, lo stesso Hitler ordinò di distruggere tutto e un centinaio di velivoli furono fatti esplodere. Secondo l’autore dell’articolo i dischi volanti di quei giorni erano lo sviluppo americano, con aiuto di tecnici tedeschi catturati, di quei prototipi. La storia di otto fantastiche armi segrete tedesche, ovviamente senza disco volante, era già apparsa tra il 1946 ed il 1948 su due settimanali italiani.
Alcuni quotidiani italiani riportarono la notizia relativa ad un noto ingegnere aeronautico, Erich Meindl, secondo cui un ingegnere austriaco, Doblhoff, aveva concepito e costruito i dischi volanti come sofisticati aerei a reazione. In quel periodo Doblhoff si sarebbe trovato negli Stati Uniti a lavorare segretamente per quel governo[49].
Più in generale, comunque, molti commentatori affermarono a più riprese che i dischi volanti non erano nient’altro che velivoli terrestri particolarmente avanzati. Il 26 marzo il giornalista americano Walter Winchell affermò che i dischi erano di provenienza sovietica, ma il giorno dopo il radio giornalista Henry Taylor riassicurò la popolazione annunciando che i dischi erano armi segrete americane. L’articolo venne ripreso dalla stampa internazionale, dando poi origine ad altri interventi basati sul concetto che i dischi volanti erano comunque frutto della tecnologia di qualche potenza. Per esempio, nel numero del 22 aprile del quotidiano di Amburgo “Freie Presse” si affermava che questi velivoli erano mossi da turbine a reazione e che decollavano come un elicottero (probabilmente riprendendo le notizie degli inventori dei giorni precedenti). Il “Neue Presse” del 25 aprile riferiva che i dischi erano probabilmente degli aerei “tutt’ala”, il cui studio era iniziato nel 1910 da parte del pioniere tedesco Hugo Junkers e che altri tecnici tedeschi avevano dato un contributo decisivo al loro sviluppo. Questa situazione tendeva a confermare reciprocamente e indirettamente le dichiarazioni degli inventori da una parte e quella dei commentatori che, dall’altra parte, stavano cercando di trovare un’alternativa più accettabile all’idea, che si stava sviluppando prepotentemente in quel periodo, per cui i dischi erano astronavi extraterrestri. Il risultato fu che le storie degli inventori ebbero sufficientemente credito e, grazie anche alle sopravvalutate possibilità attribuite alla scienza nazista, furono considerate quantomeno possibili, tanto da essere riprese regolarmente in considerazione negli anni successivi (anche per “invenzioni” successive alla fine della seconda guerra mondiale, come, per esempio, il disco di 1,5 metri di diametro del tedesco Curt Piltz [50]).
Nel numero 9 del settimanale tedesco “Kristall”, uscito in una data imprecisata tra la metà di aprile ed i primi di maggio del 1950 fu pubblicato l’articolo “Wir konstruierten Fliegende Teller” (“Abbiamo progettato i piatti volanti”) in cui venivano presentati due distinti progetti. Secondo l’autore, un tale ing. Georg Sautier (che potrebbe essere stato lo stesso George Klein che comparirà nel 1953), il primo era stato sviluppato nel 1938 ed era relativo ad un disco rotante composto da dieci segmenti orientabili. La rotazione era prodotta da alcuni motori a pistoni collocati lungo la circonferenza del disco stesso. Due illustrazioni erano le stesse pubblicate su “Wochenend” del 13 aprile, dove però venivano offerte maggiori informazioni ed il progetto era attribuito a Carl Wagner. Una terza illustrazione mostrava l’idea del disco di Schriever, di cui si accennava brevemente nell’articolo, con tre diverse viste. Questa illustrazione “tecnica” negli anni successivi sarà ripresa da altre fonti, tra cui un famoso articolo pubblicato sul numero 9 del 1975 della rivista aeronautica “Luftart International”. Nello stesso numero di “Kristall” un lettore riferì di avere osservato, durante l’estate del 1943, dei dischi, rossi e piatti, alzarsi verticalmente nel cielo della Germania. Pensò si trattasse di prove di nuove armi segrete.
Assolutamente fantastica fu la copertina del settimanale austriaco “Wochen Echo” del 21 maggio: una grande illustrazione in cui un gruppo di dischi volanti, che emanavano fasci di luce, abbattevano una squadriglia di bombardieri americani (di fantasia, visto che erano dei B-29, che non furono mai usati operativamente in Europa)! Il grande titolo annunciava che i dischi tedeschi avevano compiuto un miracolo durante i raid alleati su Schweinfurt, un giorno della tarda estate del 1944, abbattendo 145 “superfortezze”. Secondo la testimonianza di un ex-pilota collaudatore si sarebbe trattato di armi di due tipi, del diametro di 3-4 metri, “Qualle” e “Korkus”, entrambe sviluppate a Rechlin. All’inizio del 1945 questa base fu catturata dai Russi insieme allo staff tecnico: lo sviluppo delle armi fu poi continuato per i sovietici. Tale episodio non trova , ovviamente, riscontro storico, ma potrebbe essere stato l’ispiratore di un evento simile riportato prima da un quotidiano italiano del 1952 e poi dallo scrittore Renato Vesco. Curiosamente il disegno (in cui i dischi erano la copia dell’illustrazione apparsa sul settimanale “Wochenend” datato 13 aprile) e la situazione descritta era molto simile ad una bizzarra illustrazione comparsa sul numero di luglio 1943 della rivista americana di fantascienza “Amazing Stories”. L’illustrazione era un vero e proprio anacronismo: essa ritraeva un classico disco volante, dotato di cupola, che sparava raggi luminosi contro un gruppo di bombardieri in volo: era relativa ad una breve novella in cui si raccontava di una futura guerra con il Giappone. Il disco veniva descritto come un rivoluzionario velivolo propulso da sessanta motori a reazione, di circa quindici metri di diametro e due metri di spessore, con una cabina centrale in plexiglass in cui era collocata la cabina di controllo e di pilotaggio.
La maggior parte degli articoli che apparvero sulla stampa tedesca nella primavera del 1950 (e negli anni successivi, come la bella copertina a colori del tabloid “ZB Illustrierte” [51], che presentava un disco volante al di sopra di un gruppo di soldati tedeschi) erano permeati da una vena di evidente nazionalismo: i Tedeschi erano gli inventori della meraviglia tecnologica rappresentata da quei dischi volanti che volavano indisturbati nei cieli di tutto il mondo. La guerra era stata persa, ma la tecnologia tedesca era la migliore ed era stata poi rubata, ed usata, dai vincitori (in effetti il bottino tecnologico-scientifico, a tutt i livelli, che le potenze alleate raccolsero durante l’invasione della Germania fu senza precedenti).
Nel 1950 Donald Keyhoe pubblicò il suo primo libro [52], in realtà un’ampia estensione del suo famoso articolo “Flying Saucers Are Real” uscito sul numero di gennaio 1950 della rivista “True”. Keyhoe riferì il contenuto della telefonata che gli fece un amico, tale John Steele, che gli confidò come i dischi volanti fossero in realtà dei velivoli britannici. Si trattava di dischi dalla superficie leggermente convessa, originariamente sviluppati dai nazisti. Verso la fine della guerra i britannici catturarono tutti i modelli, inclusi tutti i tecnici e gli scienziati tedeschi che avevano partecipato allo sviluppo del progetto. I primi velivoli vennero sviluppati in Inghilterra a partire dalla primavera del 1947, ma dimostrarono problemi di controllo a distanza e si muovevano ad alta quota in tutte le direzioni, tanto da generare osservazioni in varie parti d’Europa. La base di questi dischi venne poi trasferita in una zona remota dell’Australia, con operazioni basate sui cieli dell’oceano Pacifico e coadiuvate dal supporto della marina. In seguito un’altra base fu costruita in una remota area dell’Hudson Bay, in Canada. Probabilmente questa storia fu uno degli elementi che contribuì alla nascita dell’idea di Renato Vesco in merito all’origine britannica (sulla base di progetti tedeschi) dei dischi volanti.
Altri inventori, solite storie
Nel 1951 le storie di Belluzzo, Schriever, Saglioni e di altri furono riprese da un appassionato torinese di aviazione e missilistica, Alberto Fenoglio, sulla rivista italiana di aeronautica “Ali” [53]. Come in altri articoli, l’autore non citò le sue fonti, probabilmente un collage degli articoli apparsi sulla stampa nel corso del 1950, anche se alcuni dettagli appaiono inediti (ma l’attendibilità di Fenoglio, a detta di tutti gli studiosi, è molto discutibile sia in relazione a questo articolo che ad altri). Due schizzi dello stesso autore mostravano in pianta la parte superiore ed inferiore di un disco propulso da tre motori a reazione Junkers modificati: si trattava di una versione da caccia, che, concepita verso la fine del 1944, sarebbe stata quasi pronta nell’aprile 1945. Era il progetto di un “piatto volante” pilotato, dotato addirittura di una cupoletta centrale trasparente, dove il pilota alloggiava in posizione prona, proprio come una parte della pubblicistica dell’epoca rappresentava (peraltro fin dal 1947) il classico disco volante. Il velivolo aveva un diametro di sedici metri ed uno spessore massimo di tre, e la sua descrizione, come quella di altri due tipi, uno da “bombardamento lontano” e l’altro antiaereo (anche addirittura in una versione “falciante”), appariva piuttosto ingenua. Non è stata trovata nessuna altra fonte contemporanea per questo progetto di disco pilotato nè del suo ideatore, un anonimo “ingegnere piemontese” che lavorava con molti assistenti in un laboratorio in caverna. L’impatto di questo articolo fu marginale, vista la diffusione della rivista, ma contribuì ulteriormente a formare le tesi dell’italiano Renato Vesco (futuro autore di tre libri) in tema di dischi volanti realizzati dagli inglesi sulla base di progetti segreti tedeschi. Sempre nel 1951, il numero di maggio della rivista di divulgazione scientifica “Scienza e Vita” pubblicò una nuova e breve intervista fatta a Belluzzo, nell’ambito di una sua ampia inchiesta sui dischi volanti, senza peraltro aggiungere nessun nuovo dettaglio.
Nella primavera del 1952 un quotidiano di Genova[54] pubblicò la strana e breve storia di una semisfera volante costruita dai Tedeschi verso la fine della guerra che abbattè dodici bombardieri americani senza usare alcuna arma convenzionale. Volando ad elevatissima velocità avrebbe emesso delle nuvolette di fumo azzurro davanti agli aeroplani, i quali, poco dopo, avrebbero preso fuoco.Fu accennato che la voce era stata raccontata da alcuni prigionieri di guerra italiani e raccolta da un agente francese, che fu poi intercettato daii servizi segreti della repubblica di Salò nel nord Italia.La storia fu successivamente usata più volte da Renato Vesco nei suoi articoli e nei suoi libri.
A metà di maggio 1952 riapparvero anche le dichiarazioni di Niels Christian Christensen, il tedesco detenuto a Rio de Janeiro, che furono pubblicate da un giornale brasiliano[55] e riprese dalla stampa italiana il 15 maggio 1952 [56], sulla base di un dispaccio di agenzia del giorno precedente. Christensen, il cui vero nome era Josef Jacob Johannes Starzicny, era stato il capo di uno dei due gruppi spionistici dell’Abwehr nazista in Brasile, durante la seconda guerra mondiale. Come indicato nei capitoli precedenti, le sue dichiarazioni erano state pubblicate dalla stampa brasiliana già nel 1948 e poi nel marzo 1950. Il personaggio venne presentato come un uomo che poteva contribuire allo sviluppo del Brasile con le sue invenzioni e che doveva essere perdonato.Starziczny affermava nuovamente di potere costruire un disco volante, in quanto la tecnologia era stata inventata durante la guerra, a Stettino, dal “centro sulle armi segrete” della decima armata del Terzo Reich, durante gli anni 1939-1940 (precedenti la sua partenza per il Brasile e “in anticipo” rispetto alle solite date fornite dalle altre storie sui dischi tedeschi). Il velivolo era teleguidato ed aveva eccezionali prestazioni, addirittura 30.000 miglia all’ora a 20.000 metri di quota, che lo rendevano un’arma ideale per il bombardamento e per la ricognizione. Presunte successive dichiarazioni dell’uomo riprese da altri giornali in giugno e in luglio, che citavano il quotidiano brasiliano “Ultima Hora”, modificarono alcuni dati e prestazioni, ed aggiunsero che il disco era propulso da una serie di turboreattori posti lungo la circonferenza (un concetto che veniva facilmente preso in prestito da una parte dell’iconografia dell’epoca sui dischi volanti). Inoltre, gli avvistamenti di dischi volanti erano reali, in quanto una potenza vincitrice della guerra aveva probabilmente sviluppato il prototipo che era stato fatto volare con successo sopra il mar Baltico, ed ora era in possesso di quella tecnologia avanzata. Questi articoli successivi sembrano una rielaborazione giornalistica della notizia originale proviente dal Brasile e della storia raccontata dalla stampa francese ai primi di giugno in merito al fantomatico “ingegner Miethe”. Starziczny continuava ad offrire alle autorità brasiliane di riprodurre il velivolo. L’offerta di quello che i Russi avevano già probabilmente realizzato fu il tema principale di quasi tutti i pretesi inventori di quel periodo: il loro obiettivo era quello di migliorare la loro posizione economica (o addirittura la libertà, nel suo caso), sfruttando la paura della minaccia sovietica e la promessa di fornire una super-tecnologia derivante da qualche fantastico segreto nazista, che poteva anche essere plausibile alla luce delle “meraviglie” realmente trovate tra i talvolta incredibili progetti germanici. La moglie di Starzicny scrisse nel giugno 1952 una lettera al capo di stato maggiore dell’aeronautica militare americana, ribadendo le affermazioni del marito e confermando la disponibilità del medesimo a realizzare in tre o quattro mesi il progetto originale della “nave spaziale”, se aiutato da altri tecnici. Secondo lei la situazione era urgente per il mondo libero occidentale: sottointendendo che i dischi visti nel mondo fossero russi, dichiarava che solo una “nave spaziale” poteva distruggerne un’altra. Pochi mesi dopo, il 14 agosto, l’uomo venne scarcerato[57], dopo avere rilasciato nel corso degli anni decine di interviste ai giornali brasiliani. Conitnuò a vivere a Rio de Janiero e l’ 8 novembre di quello stesso anno depositò il brevetto 9 40 516 relativo ad un “motore a combustione interna”.
Il 31 maggio 1952 il quotidiano tedesco “Westdeutsche Allgemeine” pubblicò un articolo con il titolo “Il disco volante era pronto nel 1944”, ma non si è a conoscenza del contenuto. Il quotidiano parigino “France-Soir” il 7 giugno[58] pubblicò una delle storie fondamentali delle leggende dei dischi tedeschi: un certo ingegnere tedesco di nome Richard Miethe (di cui veniva pubblicata una simpatica fotografia in costume da bagno, al mare) affermava di avere lavorato al progetto di un “elicottero circolare” supersonico che sarebbe stato sperimentato nel 1944 sui cieli del mar Baltico. Miethe, che si sarebbe rifugiato a Tel Aviv dopo essere stato espulso dall’Egitto insieme ad un gruppo di scienziati missilistici tedeschi, affermava che tale arma era contraddistinta dalla sigla “V-7”. Tale denominazione, da quel momento, sarebbe diventata quasi sinonimo di “disco volante tedesco”, anche se in nessun testo storico od opera documentata sui progetti innovativi tedeschi esiste alcuna evidenza della sua esistenza. Il velivolo descritto da Miethe appariva piuttosto inverosimile, simile ad un “disco olimpionico”, con un diametro di 42 metri ed addirittura dotato di 12 turbine a reazione collocate lungo un anello metallico che ruotava attorno ad una struttura centrale. Anche in questo caso le prestazioni dichiarate erano eccezionali, seppure raggiunte dopo la morte di ben 18 piloti collaudatori: 21.000 chilometri di autonomia, grazie all’uso di un gas compresso a base d’elio. Le dichiarazioni di Miethe in alcuni punti risultavano molto simili a quelle di Christensen, inclusa la presenza di entrambi nella X armata a Stettino ed il classico accenno al fatto che i Russi avrebbero catturato i motori del velivolo e tre ingegneri appartenenti al progetto. Ancora una volta, l’Unione Sovietica veniva indicata come la responsabile della comparsa dei dischi volanti, un argomento che ben si adattava ai forti e diffusi timori dell’epoca. La leggenda [59] del disco volante russo precipitato alle isole Spitzbergen nel giugno 1952, definito come una “tipica V-7” [60], è un esempio di tali timori, sviluppati in questo caso sotto forma di storiella legata alle notizie di fantastiche armi segrete tedesche cadute in mano russa alla fine della guerra. Una variante di tale leggenda fa risalire l’origine del disco non ai Russi, ma bensì ai Tedeschi. Un prototipo di disco sperimentato a Peenemunde verso la fine della seconda guerra mondiale sarebbe sfuggito al controllo e quindi perso: quello ritrovato alle Spitzbergen sarebbe stato proprio quel disco germanico[61].
Il 14 giugno “France-Soir” pubblicò un secondo articolo, in cui venivano forniti ulteriori dati e dettagli tecnici sulla macchina volante raccontata da Miethe. Tra l’altro la cabina centrale pressurizzata avrebbe potuto ospitare tre membri d’equipaggio, ma il velivolo poteva essere anche guidato via radio o radar. Secondo il quotidiano, l’uomo tre giorni dopo l’uscita del primo articolo sarebbe stato invitato da una grande azienda americana a recarsi negli Stati Uniti per riprodurre là la sua invenzione (notizia riportata il 14 giugno anche dal quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung”). Certo è che Miethe non è una figura storicamente accertata in alcun modo, se non per la sua citazione negli articoli di stampa dell’epoca: una ulteriore fotografia presentata in un libro dell’inglese Tim Matthews [62] (pseudonimo di Tim Hepple) pretendeva di riprendere Miethe nel 1933, insieme ad altri giovani esperti tedeschi di missilistica, tra cui Werner von Braun. Nessun resoconto storico o biografico su von Braun fa riferimento ad alcun personaggio di nome Miethe. Matthews riferiva che la foto era stata fornita a Bill Rose da un tedesco che era stato uno degli ultimi piloti a lasciare l’aeroporto di Praga, dove Miethe stava sviluppando il velivolo discoidale insieme ad altri e da dove fuggì egli stesso nel maggio 1945. Bill Rose è un fotografo inglese appassionato di aeronautica ed autore di un libro dedicato a progetti di aerei circolari [63], con una sezione dedicata ai supposti progetti tedeschi della seconda guerra mondiale, peraltro senza fornire fonti. Nella seconda metà degli anni novanta pubblicò degli annunci su delle riviste aeronautiche per trovare testimonianze relative alle storie dei dischi sviluppati in Germania durante la seconda guerra mondiale. Venne così in contatto con quel tedesco, che gli riferì anche di essere a conoscenza del volo di test del disco di Miethe e dell’esistenza di uno o più film a 16 millimetri che avevano documentato l’esperimento. A Rose furono addirittura mostrati alcuni fotogrammi. L’intera storia, comunque, non è mai stata supportata da alcuna evidenza storica documentabile.
Le dichiarazioni di Miethe nacquero essenzialmente sulla stampa francese: dopo “France-Soir” apparvero anche sulla rivista “La Marche du Monde” (con una fotografia del disco in volo) e quindi su “C’est la Vie” del 7 agosto (con una seconda fotografia e dichiarando una “esclusività mondiale”). Il 6 settembre il settimanale italiano “Il Tempo” presentò un articolo, praticamente ripreso da “La Marche du Monde” (e firmato dal medesimo giornalista, Jacques Alain), corredato da tre fotografie (le due già pubblicate dai settimanali francesi più una terza “nuova”) scattate da un ufficiale della Kriegsmarine e presentate come la prova del test in volo del disco tedesco sopra il Baltico, che sarebbe avvenuto il 14 aprile 1944. Le foto molto probabilmente rappresentavano semplicemente dei modellini (come tante altre foto di “dischi volanti” dell’epoca) e di tutt’altra origine. La stampa tedesca non rimase inerte davanti alla comparsa di questo nuovo filone “francese” e diede nuovamente spazio a Schriever, che probabilmente soffriva della presenza di un “concorrente” come il fantomatico Miethe e dell’idea di non essere più lui il “padre” dei dischi volanti.
Il 27 giugno 1952 il settimanale tedesco “Die 7 Tage” rispose subito alle notizie francesi riprendendo la storia di Schriever: questa volta i disegni del progetto gli erano stati rubati nel 1945, mentre si trovava rifugiato in Baviera con la famiglia. Inoltre, l’articolo sembrava far supporre che l’uomo avesse già contattato le autorità militari americane dopo la diffusione, nel luglio 1947, delle prime notizie sui dischi volanti. A settembre e novembre due altri settimanali tedeschi[64] pubblicarono nuovi articoli (“Dischi volanti: piatti volanti tedeschi?” e “I dischi volanti un’invenzione tedesca”) in cui la storia di Schriever veniva riproposta con altro materiale: grandi illustrazioni del disco, una sua foto in tenuta da aviatore, immagini della sua casa, una sua foto con la famiglia e una lettera autografa che affermava essere una dichiarazione di interesse per la sua invenzione da parte di una nazione straniera. L’uomo raccontò però alcuni particolari diversi, ed altri nuovi, rispetto a quanto originariamente pubblicato da “Der Spiegel” nel 1950. La sua idea era nata nel 1941 per risolvere il problema della disponibilità di piste di atterraggio, fornendo la possibilità di decolli ed atterraggi verticali. Il 15 luglio 1941 lo sviluppo del progetto avrebbe avuto inizio ed un modello funzionante sarebbe stato fatto volare il 3 giugno 1942, mentre un prototipo sarebbe stato realizzato verso la fine della guerra a Praga e lui stesso l’avrebbe pilotato (mentre in precedenza aveva detto che solo i progetti erano stati completati). Tutti i suoi documenti sarebbero stati rubati il 14 maggio 1945 mentre si trovava con la sua famiglia in Baviera. Questo complesso di contraddizioni rispetto alla versione originale rende ovviamente ancora meno credibile l’intera storia.
Il 1 agosto 1952 il giornale bavarese “Suddeutsche Zeitung” [65] riportava la storia dell’ing. Schnittke e del suo elicottero antiaereo, già uscita sulla rivista tedesca “Die Strasse” dell’aprile di due anni prima. Si riferiva anche di un altro progetto, sviluppato da uno scienziato in Austria e relativo ad una macchina volante (la cui descrizione era piuttosto simile a quella di Schnittke, per cui una confusione non è da escludere) che era in grado di librarsi immobile nell’aria. Nel corpo centrale era installato un apparato radar, i serbatoi della benzina e le “leve di comando”. Due superfici, una sopra l’altra, ruotavano vorticosamente attorno ad esso (fino a 22.000 giri al minuto), grazie a dei sistemi di razzi paralleli che sbucavano sulla tangente. Il velivolo, denominato “superficie volante” decollava obliquamente rispetto al terreno.
Il 12 ottobre 1952 il quotidiano serale svedese “Aftonbladet” pubblicò un articolo in cui riprendeva gli elementi di alcune storie, circolate sulla stampa europea nei mesi precedenti in materia di dischi tedeschi, e li collocava in un contesto apparentemente “serio” e storico. Un velivolo rivoluzionario chiamato “A-7”, una vera e propria astronave, sarebbe stata sviluppata a Peenemunde nientedimeno che da Wernher von Braun ed il suo staff. Un modello di sei metri di diametro sarebbe stato testato in volo nell’aprile 1944, ma l’obiettivo finale era la realizzazione di un grande disco di 42 metri (casualmente, le medesime dimensioni del disco di Miethe) capace di volare ad un’altitudine di ben 300 chilometri. In quel momento i progetti di tale velivolo sarebbero stati nelle mani degli americani, ma anche i Russi ne erano a conoscenza. Il maggiore problema del velivolo era il suo enorme consumo di carburante, ma si stava pensando di ricorrere all’energia atomica per trovare una soluzione.
Nell’autunno 1952 il giornalista italiano Luigi Romersa pubblicò sul settimanale “Tempo” una serie di articoli dedicati alle armi segrete tedesche della seconda guerra mondiale. Riprendendo l’argomento di attualità dei “dischi volanti” sviluppati dai tedeschi, Romersa dichiarò di essersi recato in Germania (pur senza presentare alcuna evidenza fotografica) e di avere intervistato Schriever [66]. Quest’ultimo gli avrebbe confermato la sua storia e il volo di prova effettuato con la sua invenzione. Le informazioni e le immagini contenute nell’intervista (che Romersa ricordò in occasione di un’intervista per un documentario di Discovery Channel e nel suo ultimo libro di memorie, poco prima della sua morte [67]) sono però stranamente analoghe a quelle pubblicate dalla stampa tedesca nei mesi precedenti. A novembre di quello stesso anno, dopo avere pubblicato le storie di altri inventori di dischi volanti (come il ventinovenne tedesco Walter Schlieszke, la cui idea per un bizzarro disco dotato di eliche rotanti avrebbe dovuto farlo uscire dalla situazione di profonda indigenza in cui si trovava [68]), vari quotidiani [69] riportarono la notizia che l’allora trentacinquenne Schriever (quindi molto giovane all’epoca dei suoi progetti) aveva depositato domanda di brevetto per la sua invenzione di “trottola volante”. Tre volte più veloce del suono, del diametro di 40 metri e con la capacità di atterrare e decollare in verticale, propulsa da motori a reazione o a pistoni, era il frutto di undici anni di lavoro: era però diventata molto più simile alla V-7 attribuita al suo “concorrente” Miethe che non alla sua originale descrizione del 1950.
Verso la fine di novembre del 1952 un quotidiano brasiliano[70] riferì la storia raccontata da Pavel Orlovsky, un immigrato cecoslovacco. Lui era in grado di svelare il segreto della costruzione dei dischi volanti, originariamente sviluppati dai Tedeschi e poi perfezionati dai Russi grazie all’aiuto di tecnici catturati in Germania.L’uomo offriva anche una mappa che aveva avuto dal servizio segreto sovietico, in cui apparivano tutte le miniere di uranio del mondo, come pure altre informazioni relative all’organizzazione spionistica dell’URSS. Orlovsky dichiarava apertamente di volere essere assunto da una nazione democratica.
Gli improbabili progetti di Schriever e Miethe sono stati “avvallati” anche dal contattista svizzero Eduard Billy Meier, secondo quanto gli fu riferito dal suo amico extraterrestre Ptaah, il quale comunque affermò che nessun disco tedesco volò mai [71]. Dopo l’11 gennaio 1953, quando il quotidiano canadese “Toronto Star” fece emergere le prime notizie del progetto AvroCar per lo sviluppo di un velivolo discoidale, alcuni articoli che riproposero le storie dei dischi tedeschi affermarono che Miethe lavorava in Canada proprio nell’ambito di tale progetto. Tutta la letteratura ufficiale e declassificata disponibile sul progetto Avrocar non fa però menzione della presenza del fantomatico tecnico.
Nuove Comparse
A partire dal 23 febbraio 1953 il quotidiano “Hamburger Morgenpost” (qualcosa di simile a quello che oggi può essere definito un “tabloid”) pubblicò una importante serie di ben quattordici articoli dedicati alle storie dei dischi nazisti. Ognuno di essi occupava poco più di metà pagina ed era arricchito da una illustrazione artistica che rappresentava una “scena” della puntata. La serie si articolava come una specie di racconto, in cui uno dei protagonisti principali era George Klein (probabilmente lo stesso Georg Sautier che aveva scritto un articolo sui dischi tedeschi sulla rivista “Kristall” nella primavera del 1950), proprio il personaggio che tra il 1953 ed il 1954 diventerà focale per strutturare, cristallizzare e divulgare ampiamente (sopratutto in Europa) le storie sui “dischi tedeschi” che facevano capo ai due filoni principali di Schriever e di Miethe del periodo 1950-1952. Klein veniva presentato come un importante “ingegnere capo” che sovraintendeva lo sviluppo dei nuovi velivoli a forma di disco, direttamente agli ordini del ministro Albert Speer e del generale delle SS Klammer (a capo dello sviluppo dei più importanti progetti di armi segrete). Alle sue dipendenze c’erano le figure di Schriever e di Miethe, (nonchè di Belluzzo, “degradato” al ruolo di assistente di Schriever), ma anche di un nuovo tecnico- inventore di nome Otto Habermohl (un’altra fantomatica figura di cui non esiste alcuna evidenza), Nella storia romanzata dagli articoli l’idea dei dischi era nata nell’aprile 1941, allorchè Goering chiese ad un gruppo di progettisti riunito al ministero dell’aviazione di sviluppare aerei più veloci e con forme alternative. Il volo di prova di un disco volante avvenuto a Praga il 14 febbraio 1945 veniva descritto nei particolari. Il quotidiano pubblicò anche la lettera di un tale Joachim Roehlike, che affermava di essere stato un pilota da caccia notturna durante la guerra e che, in tale posizione, tra il 1944 ed il 1945 fu informato dell’esistenza di “missili circolari”, già disponibili in un numero da cinque a quindici. Questa serie di articoli creò per la prima volta una struttura articolata per la leggenda, mettendo insieme i principali personaggi che erano apparsi a partire dal 1950 ed attribuendo loro dei ruoli precisi, in modo da eliminare, o quantomeno limitare, le incongruenze e le sovrapposizioni dei vari racconti apparsi sulla stampa europea. Questa serie di articoli ebbe un impatto locale, seppure in un’importante area metropolitana, e non sembra che sia stata ripresa da altre fonti di stampa dell’epoca. Fu però un ottimo test per creare una storia articolata, con personaggi, date, luoghi e dettagli che verranno ripresi successivamente su altri quotidiani, rendendo popolare la storia ed alimentando ulteriormente la leggenda. L’uomo che promosse la divulgazione della storia, acquisendo un po’ di notorietà, fu proprio George Klein, uno dei protagonisti della storia stessa. Inoltre, sebbene non ci siano prove dirette al momento, Klein potrebbe essere stato lui stesso l’autore della serie di articoli apparsi sull’ “Hamburger Morgenpost”.
Nella primavera del 1953 il quotidiano “Welt am Sonntag” [72] , anch’esso di Amburgo, pubblicò una intervista a George Klein (che nella successiva pubblicistica legata ai “dischi nazisti” assunse svariati ed improbabili titoli e qualifiche, tra cui quello di collaboratore del ministro degli armamenti Albert Speer[73]: in pratica il racconto romanzato nella serie di articoli precedentemente descritta diventava realtà). Egli avrebbe visto il volo di prova di un disco il 14 febbraio 1945: in tre minuti sarebbe salito fino a 12.400 metri. Il velivolo avrebbe avuto una velocità di 2.200 Km/h, resistendo al calore prodotto grazie alla costruzione con speciali leghe metalliche. Sarebbe stato “guidato da raggi” e stabilizzato in volo tramite l’uso di giroscopi. Klein riprendeva le notizie diffuse dalla stampa nei due anni precedenti e le faceva proprie, arricchendole ulteriormente, ma probabilmente stava solo presentando, nelle vesti di un testimone “che sapeva”, una sintesi degli articoli apparsi tra febbraio e marzo. Secondo lui c’erano stati due distinti progetti: uno capeggiato da Miethe e orientato alla realizzazione di un disco di 42 metri di diametro, l’altro da Schriever e da Otto Habermohl per la costruzione di un un velivolo caratterizzato da un anello circolare ruotante attorno ad una cabina sferica centrale. Lo sviluppo avveniva a Praga e poco prima dell’arrivo dei Russi progetti e materiali furono distrutti, mentre i tecnici fuggirono. Lo stesso Miethe, in modo molto romanzesco, sarebbe fuggito addirittura a bordo di un caccia-razzo Me-163: viste le caratteristiche e la limitata autonomia del velivolo questo particolare appare quantomeno improbabile. L’articolo (che venne ripreso anche da altri quotidiani stranieri [74]) era corredato da una fotografia in cui Klein mostrava all’intervistatore, il dottor Werner Keller, una grande rappresentazione, in pianta e di profilo, del disco attribuito a Schriever. Klein poteva coinvolgere nella sua storia tutti i personaggi della leggenda, diventandone lui stesso un protagonista interagente con essi, senza avere paura di essere smentito.
Nel gennaio 1954 la stampa riportò una serie di notizie relative all’esistenza di dischi volanti sovietici, realizzati sulla base di progetti tedeschi e con il contributo di scienziati germanici. Il “Kasseler Zeitung” dell’11 gennaio 1954 affermava ed enfatizzava che i famosi dischi volanti osservati a partire dal 1947 erano russi, ma sviluppati solo grazie a studi tedeschi iniziati molti anni prima. Il giorno dopo il “Badischen Neuesten Nachrichten” riferiva che un ingegnere tedesco, Wilhem St. aus Augsburg, era tornato in Germania dopo otto anni di lavoro in una base segreta nella zona del lago Aral. In quella base, insieme ad altri 174 tecnici tedeschi, aveva collaborato ad un rivoluzionario velivolo denominato Cow 7: i primi sei prototipi si erano rivelati un fallimento. Aveva avuto modo di osservare i decolli verticali di questi dischi, che in pochi secondi sparivano alla vista, grazie ad una velocità ascensionale di circa 1.000 Km/h ed una velocità in volo di 1.500 Km/h. Erano dotati di dodici reattori, proprio come la famosa V-7 (stessa numerazione, curiosamente). L’uomo aveva lavorato alla costruzione della cabina centrale, fatta di vetro al quarzo e rinforzata, al cui interno trovava sistemazione un equipaggio di quattro uomini. Tale cabina rimaneva immobile, mentre attorno ad essa ruotava vorticosamente l’anello su cui erano montati i reattori.Il velivolo poteva essere usato come un caccia e ad esso erano probabilmente dovute le osservazioni di strani fenomeni nei cieli della Scandinavia. La storia venne riprese da altre fonti nei mesi successivi.
La rivista tedesca “Die 7 Tage” il 25 aprile 1954 pubblicò un articolo intitolato “I tedeschi hanno inventato i dischi volanti”, comprendente due schizzi del disco di Miethe. Veniva nuovamente affermato che Goering avrebbe ordinato fin dal 1941 la costruzione di velivoli discoidali: ci sarebbero stati due progetti, uno sviluppato da Schriever (di cui si accennava la “misteriosa” morte l’anno precedente) e l’altro da Miethe. Quest’ultimo progetto era originariamente destinato ad un velivolo da bombardamento, di 42 metri di diametro e dotato di turboreattori. Poi, tra il 1944 ed il 1945, fu prevista una cabina posta non al centro del disco, ma alla sua periferia, in modo da collocare al centro il “giroscopio stabilizzatore”. L’articolo era completato dai disegni di due viste (laterale e in pianta) del disco di Miethe, che verranno poi usate da altre fonti, incluso lo stesso Klein nell’ottobre successivo. La nuova e bizzarra configurazione del disco fu addirittura ripresa da almeno un produttore francese di giocattoli, che realizzò un disco volante in latta (probabilmente intorno alla metà degli anni cinquanta) praticamente della stessa forma. La stella rossa presente sul disco sembrava indicare una possibile origine russa, anche se la scritta “Terra-Marte” induceva a pensare ad un uso spaziale. Il disco di Miethe era dotato di dodici reattori, di cui solo i numeri 8 e 12 venivano usati durante il volo di crociera, mentre gli altri trovavano impiego durante le manovre. Il loro getto poteva anche essere orientato verso il basso per permettere lo stazionamento del velivolo.
Sembra che alla fine di luglio circolasse una voce secondo cui il cargo svedese “Smoken” aveva preso a bordo tre fuggiaschi russi, mentre si era perso nella nebbia nelle acque territoriali russe. Si trattava di tre ingegneri che erano scappati da una zona proibita, dove venivano costruiti degli oggetti volanti. Ogni giorno fino a 20 velivoli a forma di disco venivano lanciati verticalmente, per poi atterrare parecchie ore dopo sulla tundra, simili a dei dischi fiammeggianti. Gli ingegneri affermavano che i velivoli potevano trasportare “300-800 persone” ad una velocità media di 7.000 Km/h. Dei tecnici tedeschi erano coinvolti nel loro sviluppo.
Georg Klein riapparve nel 1954, durante la gigantesca ondata europea di avvistamenti UFO. Numerosi quotidiani [75], inclusi molti italiani [76], riportarono la notizia, proveniente da un articolo pubblicato dal “Tages Anzeiger” (Zurigo) del 18 settembre 1954. In esso veniva presentata una lunga intervista a Klein, ricca di dettagli tecnici sulle caratteristiche del disco, riproponendo praticamente la stessa storia dell’anno precedente e citando in modo distorto Belluzzo
(“Bellouzo”, errore che fu perpetuato dalla maggior parte delle fonti successive come “Bellonzo”), il cui ruolo veniva stabilmente ridotto a quello di collaboratore di Schriever (una divertente inversione delle parti, visto il curriculum di Belluzzo). Esistevano due tipi di dischi: uno di 16 metri di
diametro e 5 reattori, l’altro di 42 metri di diametro e con 12 reattori (quest’ultimi dati sembrano essere ripresi dalle precedenti storie relative al ritrovamento di un disco volante, indicato come “russo”, che sarebbe avvenuto nel 1952 alle isole Spitzbergen. Secondo Klein, però, si trattava di un prototipo tedesco là precipitato). L’uomo affermava di trovarsi in Svizzera per presentare un modello di disco volante in scala ridotta ed azionato da energia elettrica: voleva raccogliere i fondi necessari per realizzare un prototipo capace di ospitare due o tre persone. Klein si sarebbe recato direttamente alla redazione del giornale, ancora una volta con una riproduzione in grande formato del disco di cui parlava: la foto che accompagnava l’articolo, Klein in compagnia di un giornalista davanti alla grande riproduzione, era però stranamente molto simile a quella pubblicata quasi un anno e mezzo prima dal tedesco “Welt am Sontag”.
Quasi un mese dopo, lo stesso giornale nell’edizione del 16 ottobre pubblicò un lungo articolo firmato “Georg Klein”, che riassumeva le sue precedenti dichiarazioni, citando anche il progetto canadese AVRO e presentando un paio di schizzi del “disco Miethe”, peraltro già pubblicati da “Die 7 Tage” nell’aprile precedente. Klein ribadiva lo sviluppo di dischi di 42 metri di diametro, a partire dal 1941-1942, i cui primi esemplari erano radiocomandati da un operatore che ne seguiva il volo, via radar, da una torre di controllo. Esaltava la superiorità della forma a disco nella costruzione di velivoli ad alte prestazioni, dilungandosi nei dettagli tecnici del disco, la cui paternità era sempre attribuita a Miethe. Ancora una volta la leggenda del disco precipitato e trovato alle isole Spitzbergen veniva messa in relazione con la caduta, molti anni prima, di un prototipo tedesco. Questa tendenza ad impossessarsi di altre notizie, integrandole nel contesto dei propri racconti in modo da acquisire più credibilità e coerenza storico-culturale, fu comune a buona parte degli inventori di dischi degli anni cinquanta, tendenza che, comunque, è sempre stata propria di chi ha proposto improbabili storie che dovevano essere accettate (a partire dai contattisti ufologici fino ad inventori più o meno credibili). Klein, in particolare, costruì (probabilmente fin dalla serie di articoli del 1953 sull’ “Hamburger Morgenpost”) una propria struttura di riferimento prendendo quanto era stato già pubblicato dalla stampa negli anni precedenti ed organizzando quelle storie in modo da limitare le loro incongruenze originali. Ognuno dei quattro personaggi coinvolti acquisiva un proprio specifico ruolo nell’ambito di due distinti progetti e lavorava in coppia, in modo da rafforzare reciprocamente le rispettive storie originali. La leggenda che Klein fu in grado di riprendere e perpetuare si fondava su un elemento fondamentale: nessuno dei personaggi coinvolti poteva intervenire per confutarla o togliere spazio a Klein stesso: Belluzzo era morto nel 1952, Schriever morì il 16 gennaio 1953 a seguito di un incidente d’auto ( anche se qualcuno, per mantenere viva la leggenda, ha messo in dubbio la sua morte), Miethe e, soprattutto, Habermohl erano personaggi fantomatici e probabilmente mai esistiti. La storia di Klein fu pubblicata da un gran numero di quotidiani europei[77] (ma anche al di fuori del continente, per esempio in Australia[78]), di solito con titoli che tendevano ad enfatizzare l’origine terrestre (tedesca) dei dischi. Secondo alcune fonti il noto progettista di aerei Ernst Heinkel sembrò supportare le dichiarazioni dello stesso Klein, curiosamente ripetendole quasi alla lettera[79].
La rappresentazione dei dischi tedeschi con improbabili motori a reazione collocati in vario modo alla loro periferia deriva probabilmente da alcune situazioni dell’epoca. I motori a reazione erano la soluzione propulsiva più avanzata del momento ed erano associati direttamente alle meraviglie tecnologiche delle armi segrete tedesche, logico quindi che venissero usati anche in relazione a questa nuova, ulteriore, meraviglia. La forma discoidale del velivolo ed il movimento rotatorio ad esso associato determinavano la disposizione dei motori in modo da imprimere tale movimento. Ma gli “inventori” dei dischi non proposero nulla di nuovo. L’immagine del disco propulso da motori a reazione era già stata ampiamente diffusa da stampa e fumetti (e, in modo un po’ diverso, anche dal primo film con una trama imperniata sui dischi volanti, “The Flying Saucer”, uscito negli Stati Uniti nei primi giorni del gennaio 1950). Addirittura, la controcopertina del numero di novembre 1947 della rivista americana “Fantastic Adventures” pubblicava (nell’ambito di una trattazione che indicava nei dischi volanti il ritorno degli antichi dei – extraterrestri – dell’Egitto e di altre civiltà scomparse) due schizzi di un disco volante dotato di una cabina centrale trasparente. Il velivolo era dotato di 12 motori a reazione (in quattro gruppi a tre), come nella fantomatica “V-7”.
Le dichiarazioni di Klein, come ha fatto notare lo studioso francese Joseph Altairac [80] inducevano a pensare ad un vero e proprio programma di sviluppo in grande stile e dotato di mezzi considerevoli, sia finanziari che umani. Le affermazioni della maggior parte degli altri inventori di dischi, al contrario, sembravano essere legate ad attività quasi artigianali e legate ad un singolo personaggio ed all’aiuto di pochi collaboratori (quasi una riedizione della popolare figura del geniale inventore, in questo caso ancora più geniale perchè ammantato dalla tenebrosa e malvagia scienza nazista). Ma un programma di tali dimensioni e finalità avrebbe dovuto generare, nonostante la segretezza, una qualsiasi minima traccia e documentazione storica: nulla è stato fin’ora trovato in merito. L’argomento è sempre stato di forte fascinazione ed impatto emotivo, capace di suscitare la curiosità, se non l’interesse, di molte persone. Questo è uno dei motivi per cui storie inventate e falsi opportunistici hanno probabilmente costellato quella che può essere definita come la “leggenda degli UFO nazisti” fin dalla sua nascita, ma ancora di più a partire dai filoni definibili “fantascientifici” nati nei primi anni ottanta del secolo scorso e che hanno dato origine ad una ricca produzione di documentari, libri e pubblicazioni varie infarcite di astronavi naziste lanciate verso Marte e, addirittura, la stella Aldebaran, super armi e fantastiche tecnologie, antigravità, energie misteriose ed addirittura viaggi nel tempo. Uno scherzo, per esempio, fu pubblicato in Germania il 1 aprile 1972 (!) sulla rivista aziendale “Vereinigten Flugtechnischen Werker-Fokker GmbH”: un disco volante, di cui venivano presentate tre foto, era stato inventato dalla società aeronautica Fokker! In realtà si trattava di un modellino creato artigianalmente, la cui immagine fu ripresa negli anni novanta anche da alcune pubblicazioni americane [81], spacciandolo per un “vero” disco volante tedesco della seconda guerra mondiale.
Le storie degli “inventori” vennero acquisite per veritiere o quantomeno possibili anche da parte di alcuni “studiosi” ed “esperti”, contribuendo a fornire alle stesse storie un sostegno di attendibilità che di certo non meritavano. Per esempio, la rivista “Tempo” del 23 settembre 1954 pubblicò un lungo articolo dell’esperto missilistico Hermann Oberth, che (nell’ambito di una sua teoria per la quale i dischi volanti erano veicoli extraterrestri) dava per certa l’esistenza della V-7 [82], citando alcune delle caratteristiche che erano state divulgate dalla stampa negli anni precedenti. In quel periodo Oberth offrì dichiarazioni simili in occasione di alcune sue conferenze astronautiche in Germania, che vennero poi riprese da vari quotidiani europei[83]. L’avvallo proveniente da uno scienziato missilistico (una delle massime figure nel pantheon tecnologico dell’immaginario popolare) contribuì a rafforzare l’affascinante e tenebrosa idea che i dischi fossero una realizzazione della formidabile scienza tedesca, una possibilità paradossalmente utilizzata da molti come ultimo argomento (supportato da una parvenza di evidenza storica, in realtà basata su semplici storie) per contrastare la fin troppo eccezionale ipotesi extraterrestre che si era ormai stabilmente inserita nella cultura popolare. Per molti, dopotutto, meglio tedeschi che marziani! Un esempio delle conseguenze generate dagli articoli dell’epoca fu l’affermazione di un settimanale viennese che dichiarava che alcuni suoi lettori ritenevano che Hitler fosse fuggito da Berlino a bordo di un disco volante[84].
Nei primi giorni dell’ottobre 1954 alcuni quotidiani europei[85] riferirono che un “ricercatore francese”, Georges Grondeau, affermava che Hitler era vivo al Polo Sud e da lì lanciava i dischi volanti, che volavano grazie ai campi magnetici della Terra.
Nel numero di ottobre 1954 della rivista italiana “Orizzonti” si riferì di un fascicoletto che sarebbe stato pubblicato di lì a poco a Berlino e dedicato ai dischi volanti, presentati come il risultato di uno dei progetti di armi segrete tedesche. L’articolo metteva insieme, in modo piuttosto confuso, alcune notizie relative agli inventori che erano apparsi sulla scena negli anni precedenti e riprendendo le notizie pubblicate dalla già citata rivista tedesca “Die 7 Tage” del 25 aprile. Per esempio, Rudolf Schriever veniva definito “notissimo asso e collaudatore” che sarebbe morto durante il collaudo del primo disco volante, nel 1941. Quattro anni dopo il prototipo definitivo era pronto, dotato di dodici motori collocati lungo la circonferenza e di una cabina centrale trasparente. Durante un volo di prova il disco telecomandato non rientrò alla base. Alcuni mesi dopo (secondo altre fonti, “dopo la guerra”) una pattuglia inglese avrebbe ritrovato alle isole Spitzbergen i rottami di un velivolo non convenzionale: si trattava del disco tedesco lì precipitato. Russi ed Americani erano in possesso dei progetti di costruzione di questi dischi, grazie ai documenti catturati alla fine della guerra[86].
Verso la fine del mese molti quotidiani e riviste, soprattutto francesi, pubblicarono la notizia di un nuovo e bizzarro velivolo francese (soprannominato “coleottero”) capace di decollare verticalmente e basato su idee sviluppate dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Sebbene ancora allo stato di progetto, la strana macchina (a cui vennero dedicate delle belle illustrazioni di fantasia) veniva indicata come una possibile causa degli avvistamenti di dischi volanti[87]. Dopo le armi segrete americane, russe e tedesche arrivava anche l’orgoglio francese.
Il 31 ottobre 1954 il “Wiener Echo” riferì la storia di un certo dottor Ronald Richter. Originario della Boemia e definito un personaggio bizzarro per le sue idee per produrre energia atomica, usando uranio per mezzo di un “metodo termico”, sarebbe riuscito ad ingraziarsi Hitler in merito alle sue idee per nuovi velivoli legati a “elettricità e magnetismo”, tanto da essere messo a capo di un gruppo di lavoro (ovviamente) a Peenemünde. Alla fine della guerra, Richter prese con sè tutti i documenti del progetto e fuggì in Argentina, dove divenne un protetto di Evita Peron. Sull’isola Huemul fu costruito per lui un grande centro di sviluppo, in quanto il fine ultimo di Peron era quello di acquisire una fonte di energia con cui fare diventare l’Argentina una grande potenza. Lo stesso settimanale austriaco riferiva che numerosi quotidiani francesi avevano riferito le dichiarazioni di Georges Grondeau, descritte in precedenza.
Secondo un corrispondente italiano[88] da Buenos Aires il 29 marzo 1945 uno strano velivolo decollò verticalmente da una base tedesca per intercettare un gruppo di bombardieri americani: assomigliava ad un disco e lasciava una lunga scia colorata. Con tutta probabilità l’evento descritto non era che il lancio del bizzarro caccia intercettore Ba-349 “Natter”. L’articolo ricordava i sommergibili tedeschi che si erano arresi in Argentina dopo la fine della guerra, suggerendo che la loro reale missione era stata quella di portare Hitler in un rifugio al Polo Sud.
Il settimanale italiano “Realtà Romanzesca” il 2 dicembre 1954 pubblicò un articolo riccamente illustrato dal noto disegnatore Curt Caesar, in cui si parlava di “dischi volanti” e, in particolare” di V-7 (indicate nell’articolo anche con il curioso nome di “ROSCH”, cioè “Rotierende Scheibe”). Venivano ripresi i dati pubblicati in passato in relazione alla storia di Miethe. Il 17 aprile 1944 il disco aveva volato a velocità supersonica a quasi 21.000 metri di altezza ed aveva un’autonomia di circa 31.000 chilometri (e poteva essere radiocomandato fino a 15.000 chilometri di distanza). Aveva dodici turbine disposte attorno ad un corpo sferico centrale, che rimaneva immobile. Al suo interno c’era la cabina per i tre piloti e l’alloggiamento per radio e radar. A causa dei getti incandescenti che fuoriuscivano dalle turbine il suo aspetto in volo era quello di un “globo luminoso”.
Il quotidiano brasiliano “Diário da Noite” del 24 dicembre 1954 riportò la storia di un elettro-radiologo, un immigrato jugoslavo di nome Voislav Todorovic, che affermava di essere rimasto per cinque anni in un campo di concentramento nazista, alle dipendenze di uno scienziato di nome Huber Strauss, coinvolto nella costruzione del primo disco volante presso la piccola città tedesca di Herzberg Am Hartz. Lo strano apparecchio conteneva un dispositivo magnetico ed era controllato via radio. Pesava cinque o sei chilogrammi, ed il suo scopo era quello di localizzare la fanteria nemica. Un disco di dimensioni maggiori, destinato al trasporto di truppe e di materiale bellico, stava per essere costruito quando la località fu bombardata. Todorovic espresse il desiderio di potere lavorare per il paese che l’aveva accolto, chiedendo al Ministero dell’Aeronautica di mettergli a disposizione un laboratorio dove lavorare: in otto mesi al massimo avrebbe fatto volare un disco volante nei cieli del Brasile!
Un anonimo “tecnico italiano”, secondo la notizia riferita da un quotidiano francese[89], avrebbe proposto ai tedeschi il proprio progetto di un “disco volante” intorno alla metà degli anni trenta, mentre si trovava per studio in Germania. Un modello fu testato nel 1939 e due anni dopo in un centro segreto di ricerca aeronautica vicino a Berlino vide un disco di sette metri di diametro analogo a quello che aveva concepito anni prima.
La Fase finale dell’Origine dei Dischi Nazisti
Nel 1956 un ex-ufficiale del genio dell’esercito tedesco, Rudolf Lusar, pubblicò un libro dedicato alle armi segrete tedesche della seconda guerra mondiale. Sebbene contenente dati ed affermazioni discutibili in un’ottica di evidente celebrazione patriottica, il libro diventò il lavoro di riferimento del settore e dedicò un paio di pagine anche ai “dischi volanti tedeschi”, presentandoli come velivoli realmente progettati e sviluppati. In realtà Lusar non fece nient’altro che basarsi sulle fonti giornalistiche degli anni precedenti, peraltro senza citarle. In ogni caso la presenza di tali storie su un testo ritenuto “serio” fu subito sfruttata dai sostenitori dei dischi nazisti come una sorta di riconoscimento ufficiale, perpetuando dicerie ed inesattezze (per esempio, la storpiatura di “Belluzzo” in “Bellonzo”). La stampa internazionale riprese i contenuti del libro di Lusar [90] e del suo appoggio alle tesi degli inventori tedeschi, riesumando anche le storie di Klein e di Miethe apparse qualche anno prima. [91] Secondo altri fonti Lusar, durante la guerra, era impiegato all’ufficio brevetti tedesco, ma sembra che non sia stato possibile capire la sua attività durante quel periodo (negli anni sessanta risultò iscritto per un certo periodo all’ordine tedesco degli ingegneri). Nel 1970 un altro libro di storia militare [92] riprese acriticamente le stesse storie, contribuendo alla perpetuazione delle leggende e fornendo un ulteriore ed apparente connotato di attendibilità. Nel marzo del 1957 durante un’audizione parlamentare del direttore del NACA, Hugh L. Dryden, il deputato democratico del Texas Albert Thomas chiese a Dryden se era vero, come affermato nel libro di Lusar, che i tedeschi avevano sviluppato un disco volante nel 1945, capace di volare a 1.250 miglia all’ora alla quota di 40.000 piedi [93]. Dryden affermò che si trattava semplicemente di una trovata pubblicitaria per la promozione del libro. Molti articoli riferirono che la medesima considerazione era stata espressa anche dal famoso aviatore ed eroe di guerra James H. Doolittle [94].
Non è chiaro se prima della sua morte, avvenuta nel 1958, l’austriaco Viktor Schauberger (un forestale che propose varie teorie non ortodosse su nuove forme di energia naturale e che durante la guerra fu anche rinchiuso in un ospedale psichiatrico) avesse fornito informazioni precise sul suo preteso coinvolgimento nello sviluppo di un ordigno circolare propulso dall’energia alla base delle sue bizzarre teorie. C’è un accenno alla sperimentazione di un modello, poi distrutto proprio in quell’occasione, in una sua lettera che avrebbe scritto il 28 febbraio 1956 all’allora ministro tedesco della difesa Strauss[95], ma tutte le altre congetture e speculazioni su questo controverso personaggio sono successive alla sua morte. Schauberger fu presto incapsulato in modo diretto nella leggenda degli UFO nazisti, associandolo direttamente agli altri pretesi inventori e personaggi dei primi anni cinquanta e collocando anch’egli a Praga per il fantomatico volo di prova del disco nazista. A lui vennero attribuiti dei modelli di “disco volante”, su cui successivamente qualcuno (McClure affermò che si trattò di Ernst Zundel, l’animatore del gruppo neonazista Samisdat che negli anni settanta divenne uno dei punti di riferimento della mitologia tecnologica nazista) avrebbe dipinto la classica croce tedesca, in modo da renderne palese la provenienza.
Il tedesco Andrea Epp fu un figura piuttosto importante nelle leggende dei dischi nazisti. Il 24 aprile 1958 depositò il brevetto per un progetto di disco volante, culmine (a suo dire) di studi durati sedici anni e nelle settimane successive moltissimi organi di informazione europei parlarono di questo “disco terrestre”: da allora cominciò ad apparire ripetutamente, nei successivi trent’anni, su numerosi quotidiani e riviste, stampa italiana inclusa. Più avanti Epp riprese anch’egli storie e personaggi degli anni precedenti, fondendo il tutto con un proprio ruolo attivo e modificando profondamente le sue dichiarazioni iniziali, rendendo il tutto ancora meno credibile. Ulteriori dubbi derivano dal fatto che sia le dichiarazioni attribuite a Epp che le informazioni su di lui offerte da varie fonti sono spesso confuse e tra loro contraddittorie. Alcune pubblicazioni [96] dedicate a lui e, più in generale, ai “dischi nazisti”, indicano proprio in Epp il progettista di tutti i velivoli che sarebbero poi stati sviluppati dagli altri personaggi della saga dei dischi tedeschi (Schriever, Belluzzo, Habermohl e Miethe) degli anni cinquanta, proseguendo nel solco delle affermazioni fantasiose e prive di qualsiasi supporto storico.
Il suo progetto originario sarebbe stato alla base degli altri e più famosi progetti di dischi tedeschi: nel 1940 avrebbe realizzato il suo primo disco di 60 centimetri di diametro, caratterizzato da un anello di rotori e da una cabina centrale. Il progetto sarebbe stato dato in un primo momento al generale Udet, e sarebbe poi passato al generale Dornberger a Peenemünde, il quale, dopo un’attenta valutazione, lo avrebbe raccomandato. Uno speciale impianto di costruzione sarebbe stato quindi realizzato a Praga, dove sarebbe stato allocato un gruppo di specialisti diretti da Schriever e Habermohl. All’inizio l’intero programma fu gestito dalla Luftwaffe, poi dal ministro degli armamenti Speer attraverso il capo ingegnere Klein. Nel 1944, insieme ad altri progetti di armi discoidali, fu acquisito dalle SS sotto la direzione del generale Klammer. Schriever modificò la lunghezza delle pale rispetto ai disegni originali del disco e questo determinò un’instabilità che non era ancora stata risolta quando arrivarono i Russi. Al contrario, Habermohl seguì le specifiche originali e riuscì ad effettuare con successo due o tre voli. Un secondo team sarebbe stato capeggiato da Miethe e “Bellonzo” in un’installazione a Dresda o a Breslau, per poi convergere, secondo il racconto di Epp (spesso contaddittorio), a Praga. Quando arrivarono i Russi tutti i prototipi e la documentazione fu distrutta: una parte dei tecnici scappò (di “Bellonzo” non si sarebbe avuta più traccia, mentre Miethe sarebbe scappato da Breslau a bordo di un caccia razzo Me-163, copiando esattamente le affermazioni di Klein del 1953-1954), mentre altri, tra cui Habermohl, passarono con i Russi [97].
In un suo opuscolo Epp dichiarò di avere scattato due fotografie ad un disco il volo il 14 febbraio 1945 (ovviamente la stessa data che ricorre nelle storie precedenti), mentre in un’intervista contenuta nel documentario “UFO secrets of the the Third Reich” affermò di averle scattate nell’autunno del 1944, ma in una lettera del 1991 inviata all’autore Henry Stevens, le retrodatò all’agosto di quell’anno. Le foto, in ogni caso, ritraggono semplicemente una sagoma scura in lontananza, estremamente simile alle tante fotografie di dischi volanti “scuri” diurni che sono stati realizzate incollando una sagoma nera su un vetro. Epp presentò anche una lettera-dichiarazione del pilota Otto Lange, datata 10 luglio 1965, in cui l’uomo affermava che i dischi volanti erano stati realizzati sulla base dei disegni di Epp, a cui doveva essere riconosciuto tutto il merito. Lange stesso avrebbe guidato per circa 500 chilometri un disco. Secondo il ricercatore tedesco Rothkugel la calligrafia dello scritto è però proprio quella di Epp e la lettera solo un maldestro tentativo di fornire un supporto alle sue dichiarazioni.
Stando a quanto riportato da “Il Giornale d’Italia” del 25 agosto 1965 (e da altre fonti), nel 1939 l’uomo avrebbe realizzato il primo prototipo, di dodici metri di diametro e dieci tonnellate di peso, capace di volare a duemila chilometri all’ora con due piloti di equipaggio. Le dichiarazioni del tedesco erano però un insieme di errori, imprecisioni e fantasie: per esempio Schriever era dato ancora per vivo e tornato da poco dalla Russia, mentre Bellonzo (alias Belluzzo) era andato a lavorare negli Stati Uniti. Epp dichiarò che nel 1944 aveva sviluppato un altro disco, chiamato Omega, ben più grande: venti metri di diametro, otto motori, trenta tonellate di peso, otto uomini di equipaggio e 3.800 chilometri all’ora di velocità. Un modello in scala 1:10 di questo disco fu mostrato da Epp a partire dal 1958 [98] : dotato di otto eliche intubate nel corpo del velivolo, possedeva anche due turbogetti che ruotavano alle estremità di un rotore fissato all’asse del disco, permettendo velocità fino a 5.000 km/h. Secondo un articolo che la rivista aeronatuica “Alata” gli dedicò nel numero del maggio 1959, l’inventore tedesco avrebbe sperimentato il modello tra il gennaio ed il maggio del 1958, facendolo addirittura volare nell’estate di quell’anno.
Epp nel 1965 si recò in Italia, proveniente da un analogo giro in Francia (ma era già stato in entrambi i paesi nel 1959 sempre per trovare dei finanziatori o compratori dei propri progetti: chiedeva tre milioni di lire dell’epoca per la realizzazione di un disco a due posti [99]) per presentare la sua invenzione, incontrando sia giornalisti che appassionati di dischi volanti [100] e dimostrando un gran bisogno di vendere le sue idee. Quattro anni dopo si trovava di passaggio a Bergamo e venne intervistato da un giornalista locale [101]: questa volta, in piena febbre da conquista della Luna, Epp presentava il suo disco come un veicolo per il viaggio verso il satellite, allunaggio compreso, dichiarando che il disco di dodici metri di diametro era in fase di costruzione in una località segreta della Germania, ad opera di un consorzio europeo. Nell’autunno del 1973 era ancora in Italia, a Chiavari e raccontò nuovamente la sua storia ad un giornalista ligure [102] (grazie anche all’attualità dell’ondata di avvistamenti UFO di quel periodo): il suo progetto veniva retrodatato al 1936 ed il primo prototipo al 1941, con la successiva costruzione di quindici velivoli. Epp aveva avuto un momento di notorietà già nell’estate 1953, quando addirittura alcuni quotidiani americani [103] (oltre a giornali e riviste di altri paesi) riportarono la sua foto e quella di un suo modello di aereo a reazione a pianta triangolare. L’uomo veniva presentato come un inventore che, dopo dieci anni di lavoro, aveva realizzato il modello di un aereo che avrebbe potuto volare alla fantastica velocità di 1.200 miglia all’ora. Secondo alcune fonti Epp raccolse dei fondi che gli permisero poi di costruire il modello di disco nel 1958, evoluzione di altri due progetti del 1946 e del 1954. Sorge però un interrogativo: perchè Epp, se aveva realmente per le mani progetti e notizie su un velivolo circolare, non sfruttò il momento del 1953 o addirittura prima, quando erano apparse le storie di Belluzzo, Schriever, Miethe e di altri, per farsi avanti? Forte di quanto raccontò solo a partire dal 1958, e di due foto che a suo dire mostravano un disco tedesco in volo, avrebbe potuto facilmente acquisire una notorietà superiore a quella degli altri “inventori” suoi diretti concorrenti. I racconti rilasciati da Epp nel corso del tempo sono tra loro contradditori ed assomigliano ad un tentativo, spesso maldestro (come i suoi progetti aeronautici, per i quali era costantemente alla ricerca di soldi), di acquisire una conferma storica sfruttando malamente personaggi ed informazioni apparsi sulla scena mediatica prima di lui.
Il quotidiano “Kasseler Zeitung” del 7 giugno 1957 presentò un nuovo personaggio: si trattava dell’ingegnere austriaco H. Fister, che stava pubblicando una serie di articoli sul quotidiano viennese “Der Soldat”. Secondo Fister i dischi volanti erano un’invenzione tedesca degli ultimi tempi della guerra. Lui, nel 1943, aveva iniziato lo sviluppo due nuovi razzi antiaerei (Akat 1 e Akat 2), ma presto le sue idee lo portarono a concepire un velivolo a forma di disco. Dotato di una parte centrale stazionaria e di una parte rotante che emetteva gas combusti luminosi ad altissima temperatura, sarebbe stato in grado di abbattere qualsiasi aereo, tagliandolo letteralmente a pezzi. Lo propose a Berlino al ministero dell’aviazione, e la sua idea fu pronta in tre mesi. All’inizio del febbraio 1945 sarebbe stato possibile passare alla realizzazione di un prototipo di 7,1 metri di diamentro e 0,95 di altezza, capace di una velocità di 3.000 km/h ad una quota massima di 30.000 metri. Ma era troppo tardi: la guerra finì e gli Alleati si impossessarono degli sforzi tedeschi. Fister lasciava intendere che la campagna condotta negli Stati Uniti a favore della provenienza extraterrestre dei dischi fosse in realtà usata dal governo americano per nascondere l’esistenza di queste tecnologie avanzate. Sempre nel 1957, la rivista tedesca “ZB” [104] pubblicò sul suo numero 25 una appariscente copertina a colori in cui alcuni soldati tedeschi della seconda guerra mondiale guardavano verso il cielo per osservare un disco volante, con insegne tedesche, a bassa quota. L’articolo all’interno riprendeva le classiche storie degli inventori già apparse sulla stampa negli anni precedenti.
Un altro “inventore” fece la sua comparsa in Germania intorno al 1964. Nel numero del 20 agosto 1966 del settimanale tedesco “Das Neue Zeitalter” [105] un laureato in economia (secondo l’autore, di dubbia affidabilità, Michael X Barton[106] era un radiotecnico che durante la guerra era stato coinvolto in “segreti affari di stato”) di nome Hermann Klaas riferì di avere inventato e costruito nel 1941 un piccolo disco volante, di 2,40 metri di diametro, propulso da un motore elettrico (un’altra fonte fa risalire il primo modello al 1939, mosso da un propulsore a benzina prima e a reazione poi). Secondo Klaas i dischi volanti, a quell’epoca, venivano costruiti sia dai Russi che dagli Americani. Riallacciandosi alle ormai consolidate “storie” del trio “Bellonzo”-Schriever-Miethe e presentandole come vere (ma fondendo tra di loro in modo confuso notizie e circostanze), venivano mostrati tre disegni proposti come le illustrazioni di quei progetti, basati sull’uso di motori a reazione orientabili. Il primo era attribuito all’ultimo prototipo di Schriever e Habermohl, sviluppato tra il 1943 ed il 1945. Il secondo era il primo modello del 1941-42, mentre il terzo rappresentava il primo tipo definitivo. I primi due mostravano tre sfere nella parte sottostante (richiamando in questo la popolare iconografia dei dischi volanti di George Adamski) ed addirittura un tubo che fuorisciva dal un lato del corpo del disco, chiamato da alcune fonti “Walter tube”, con funzioni di propulsione e “stabilizzazione”. Sembravano, comunque, una rielaborazione diretta del disegno presente nel libro di Lusar del 1956. Il terzo aveva una struttura più complessa con una torretta dotata di oblò, zampe di atterraggio ed una cupola inferiore: nel complesso assomigliava molto a parecchie delle classiche illustrazioni di dischi volanti circolate a partire soprattutto dal 1950.
Lo stesso giornalista tedesco, due anni prima aveva pubblicato sempre sulla “Das Neue Zeitalter” (10 ottobre 1964) un articolo in cui si riferiva che i dischi volanti erano stati progettati durante la guerra dagli ormai “scienziati” Bellonzo, Schriever, Miethe e Habermohl, ed assemblati in misteriose basi segrete naziste localizzate in Sud America e in Sud Africa.
Dopo gli anni cinquanta la comparsa di inventori tedeschi divenne sempre più rara: solo Andreas Epp, come si è visto, continuò a comparire regolarmente sulla scena, fino alla sua morte avvenuta nel 1997. Verso la fine degli anni settanta, lo scrittore francese Philippe Aziz (le cui fonti sono state ritenute da molti ricercatori poco o per nulla affidabili) menzionò in un suo libro [107], senza alcun riferimento bibliografico, una strana storia. Verso la fine della guerra Himmler fece stampare e lanciare sopra le demoralizzate linee tedesche una grande quantità di volantini in cui si riferiva della visione di un “pastore svedese”, in cui comparivano dei grandi velivoli rotondi, senza equipaggio, che lanciavano fuoco contro le città nemiche ed emettevano attorno a sè un “raggio della morte”. Il 2 maggio 1980 la “Neue Presse” di Augsburg presentò le dichiarazioni del settantaseienne Heinrich Fleißner, secondo cui lui era stato il consulente tecnico per lo sviluppo di un velivolo discoidale capace di volare a 3.000 km/h nell’atmosfera ed a 10.000 km/h al di fuori di essa. Il disco sarebbe stato sviluppato a Peenemünde, ma i suoi componenti venivano assemblati in diverse località sotto il più stretto segreto. Il 24 aprile 1945 una squadriglia di quattro dischi, ognuno dei quali aveva due piloti, sarebbe decollata da un aeroporto di Berlino per una destinazione sconosciuta. I dischi avevano dei serbatoi rotondi, separati, di idrogeno ed ossigeno. Erano dotati di jets che facevano ruotare, “silenziosamente”, la parte esterna, mentre i piloti eranno alloggiati in una cupola centrale trasparente e fissa. Il loro diametro era di dieci metri ed avevano delle zampe di atterraggio per potersi posare ovunque, anche sull’acqua, grazie a dei cuscini gonfiabili collocati alle estremità delle zampe stesse. Alla fine della guerra i progetti furono distrutti dai Tedeschi e solo alcuni disegni di poca utilità caddero nelle mani dei Russi. Secondo Fleißner i dischi volanti erano i discendenti di quegli apparecchi, per il quale lui stesso presentò una domanda di brevetto nel 1955.
L’Eredità: Romanzi, Fumetti e Cinema
L’idea di fondo che i Nazisti possedessero tecnologie molto più avanzate del resto del mondo, quasi con connotati “magici” o comunque particolarmente rivoluzionari, è stata ripresa ed ampliata da un gran numero di romanzi, fumetti, documentari e film. Tra queste tecnologie, quella dei dischi volanti ne rappresenta solo una relativamente piccola, ma significativa, percentuale, mentre altre, come quella degli esperimenti medici e genetici (che sono alla base, per esempio, del sotto-genere filmico dei cosiddetti “Nazi zombies” [108]) è particolarmente ricca. I romanzi sono numerosi ed alcuni sono stati scritti da autori molto famosi, mentre di qualità nettamente inferiore sono i sempre più numerosi film, spesso infimi B-movies, come Nazis at the Center of the Earth (2012, una base segreta nazista in Antartide), The 25th Reich (2012, dove compaiono anche dischi volanti nazisti dotati di torrette con cannoni e sfere inferiori, ricalcando un’iconografia che si è sviluppata a partire dagli anni ottanta), War of the Dead (2011, zombies), Død snø (2009, zombies), Outpost (2008, basato sulle recenti leggende originate dal polacco Igor Witkowski in merito alla fantomatica “The Bell”, un misterioso dispositivo costruito per misteriosi propositi, inclusi i viaggi nel tempo, che ha dato origine ad un sotto-filone di leggende anch’esso entrato nella cultura popolare tramite film, fumetti e romanzi) ed i sequel Outpost: Black Sun (2012) e Outpost: Rise of the Spetsnaz (2013), S.S. Doomtrooper (2006, gli scienziati Nazi sviluppano un super-soldato, una specie di “incredibile Hulk”), Dead at the Box Office (2005, un film contenente un esperimento nazista di controllo mentale trasforma gli spettatori in zombies), Urda (2003, un “anime”, dove un viaggiatore del tempo del 2112 torna nel 1943 con la sua capsula temporale e viene catturato dai nazisti, che vogliono usarla per vincere la guerra), River of Death (1989, un dottore nazista scappato in Amazzonia porta avanti terribili esperimenti genetici), Hell Hunters (1986, uno scienziato nazista in una base segreta del Sud America sviluppa un siero per trasformare gli uomini in zombie nazisti), Le Lac des Morts Vivant (1981, zombies), L’Abîme des morts vivants (1981, zombies), Shock Waves (1977, zombies), Frozen Dead (1966, uno scienziato tiene in vita le teste di criminali nazisti per innestarle su dei nuovi corpi), The Flesh Eaters (1964, uno scienziato nazista su un’isola tropicale sviluppa degli organismi capaci di mangiare letteralmente gli uomini), The Yesterday Machine (1963, uno scienziato nazista inventa una macchina del tempo per tornare nella seconda guerra mondiale ed alterare il corso degli eventi), She Demons (1958, in una base segreta nazista su un’isola deserta, uno scienziato conduce esperimenti genetici su donne), Counterblast (1948, uno scienziato nazi vuole sviluppare un’arma batteriologica contro gli Alleati vincitori), Women in the night (1948, alla fine della guerra un gruppo di nazisti sono a Shangai a difendere il segreto del generatore a raggi cosmici, mille volte più potente della bomba atomica, che servirà per conquistare il mondo), Rendezvous 24 (1946, un gruppo di scienziati nazisti in una base sottorranea segreta tedesca sta sviluppando un sistema per lanciare bombe atomiche a distanza).
L’idea dello scienziato-pazzo nazista o, più in generale, della scienza maledetta nazista è ala base di un gran numero di produzioni che hanno cominciato ad apparire dai primissimi anni del secondo dopoguerra, diffondendola sempre di più e costituendo una base di riferimento più o meno indiretta per le storie degli inventori di dischi tedeschi. Questi ultimi, a loro volta, hanno ispirato altre produzioni letterarie e filmiche (esempio: il film Iron Sky del 2012 ed il suo annunciato sequel), creando uno scambio che continua tutt’oggi tra finzione e storie presentate come autentiche. L’idea dello scienziato pazzo e l’ispirazione per una grande quantità di romanzi che fanno riferimento ad una qualche mirabolante tecnologia nazista deriva dalla mitologia creatasi a partire dalla fine del 1944 sui progressi tedeschi nel campo degli armamenti e, più in generale, della ricerca scientifica. Tale mitologia, probabilmente fondata e sviluppata sulla forte fascinazione del male nazista, deriva dalla combinazione di un substrato di fatti storicamente accertati (che ha costituito una base di riferimento comunemente accettata ed in grado di rendere possibile o “accettabile” anche altro) e di molte fantasie, create e divulgate nel corso del tempo per vari motivi.
I riferimenti presenti nella letteratura di narrativa e fantascienza sono numerosi e qui verranno citati solo pochi esempi. Come riferito in precedenza, il primo maggio 1947 il noto scrittore di fantascienza Robert A. Heinlein pubblicò “Rocketship Galileo“, un romanzo per ragazzi che venne pubblicato anche in Italia nel 1958 con il titolo “Razzo G.2” e che vedrà nel 1950 una libera trasposizione cinematografica in Destination Moon: una spedizione americana sulla Luna, condotta da tre ragazzini ed un geniale scienziato, trova una base nazista e si impossessa del loro razzo con cui intendevano conquistare la Terra! Tra l’altro, prima di comunicare alle autorità americane la presenza della base in modo da distruggerla, i ragazzini trovano le vestigia di un’antica civiltà lunare e postulano che i crateri lunari fossero in realtà il risultato di esplosioni atomiche con cui quella razza aliena si era estinta. Uno dei primi romanzi (un thriller di spionaggio) fu pubblicato in Francia nel 1952 [109] ed aveva come protagonista un ingegnere tedesco che aveva lavorato sul motore di un disco volante nazista. I russi catturano un disco e ne costruiscono altri esemplari. Nel 1954 il francese Michel Lecler (alias Michel Lebrun) pubblicò Plutonium 239 [110], in cui un disco volante alimentato da una pila atomica tascabile veniva costruito da alcuni scienziati nazisti, capeggiati da Adolf Hitler in persona, fuggiti in una base segreta in Svezia. Le caratteristiche del disco di fantasia furono dall’autore prese direttamente dalle dichiarazioni del 1952-1954 di Miethe e Klein, tanto che presentò una postfazione in cui affermava che i dischi volanti potevano essere di origine terrestre e, in particolare, provenienti da tecnologia nazista, oltre che riportare come credibile la storia che Hitler fosse ancora vivo. Nel 1958 fu pubblicato un interessante romanzo [111] che, per certi versi, sembra anticipare alcune delle tesi pubblicate negli anni successivi da Renato Vesco. Russi ed Americani avevano lanciato i loro satelliti artificiali nel 1953, i Russi erano già sbarcati sulla Luna e nel 1956 era cominciata la corsa per Marte! I risultati dei Russi derivavano dal largo impiego di ex-scienziati nazisti, che avevano sviluppato una fantastica astronave ovoidale propulsa da “energia gravitazionale”.
A partire dal 1971, l’occultista neonazista Wilhelm Landig (1909-1997), un austriaco che aveva prestato servizio nelle SS, scrisse una trilogia di fantasia, “Götzen gegen Thule”, “Rebellen für Thule” e “Wolfszeit um Thule”, (tradotta anche in francese) in cui venivano riprese e sviluppate le tematiche relative ad armi segrete mirabolanti, dischi volanti nazisti e basi segrete sotto le calotte polari. Alcuni di coloro che cercano di perpetuare la moltitudine di improbabili e spesso sconclusionate storie legate agli UFO nazisti hanno indicato nei romanzi di Landig una fonte documentale e reale, mascherata sotto forma di romanzo.
Anche la fantasiosa leggenda, di origine polacca, della cosidetta “campana” (“Die Glocke” o “The Bell”) ha ispirato vari romanzi, alcuni tradotti in più lingue, come”Black Order” (James Rollins, 2005), “Swastika” (Michael Slade, 2005) e “Black Sun” (James Twining, 2006).
Nel 2015 l’autore tedesco Sebastian Theil ha pubblicato il romanzo “Geheimprojekt Flugscheibe: Kriminalroman” (Gmeiner Verlag), terzo di una trilogia dove compaiono armi miracolose e bomba atomica tedesca, la cui narrazione inizia con la comparsa nei cieli tedeschi del febbraio 1945 di un disco volante con emblema tedesco, più veloce degli stessi jet tedeschi.
lI saggio è opera di Maurizio Verga, dal 1983 studioso delle leggende dei cosiddetti “UFO Nazisti“.
(c) 2009-2016 Maurizio Verga
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La versione più aggiornata dello studio è sempre disponibile qui:
http://it.wikiufo.org/index.php?title=UFO_Nazisti
Altri approfondimenti:
Timeline delle leggende dei “dischi volanti tedeschi” (1947-1954)
Punti fondamentali e considerazioni sulle leggende dei “dischi nazisti”
Note e Fonti
- ↑ Amarillo Daily News & Trenton Evening Times & the Seattle Times 2 gennaio 1945; Dallas Morning News 8 gennaio 1945
- ↑ Chamberlin, Jo “The Foo Fighter Mystery”, American Legion, dicembre 1945
- ↑ Da allora Romersa è stato citato in numerosi libri come testimone diretto dell’esistenza di una bomba atomica tedesca. Sia quest’ultima che quella descritta dal giornalista non trovano comunque alcun fondamento storico diretto. Stranamente, negli articoli di Romersa pubblicati su “Il Corriere della Sera” tra il 1944 ed il 1945 al suo ritorno dalla Germania non c’è assolutamente traccia di tale evento.
- ↑ Ducrocq, Albert (1947), Les armes secrètes allemandes. Paris: Berger-Levrault
- ↑ Szabò, Ladislas (1947). Hitler esta vivo. Buenos Aires: Editorial El Tabano
- ↑ Hauser, Heinrich (1946). Agarthi. In Amazing Stories 20(3)
- ↑ https://en.wikipedia.org/wiki/Rocket_Ship_Galileo
- ↑ Si tratta quasi di un concetto da “antichi astronauti” aggiornato nella nuova prospettiva tecnologica atomica. L.R.Farsnworth, presidente di un’associazione americana di appassionati di razzi, pubblicò un concetto analogo (probabilmente prendendolo proprio dal romanzo di Heinlein) sulla sua rivistina. Farnsworth apparteneva alla Fortean Society e durante l’ondata di dischi volanti del 1947 le sue dichiarazioni rilasciate ai giornali indicavano un’origine marziana o venusiana per i dischi.
- ↑ Caasy, Darius (1948). La distruzione del mondo? Hitler prepara …. Roma: Edizioni Rores
- ↑ “Il globo di fuoco satanico” in La Domenica del Corriere, 2 maggio 1948; “Il capitano Nemo minaccia New York” in La Domenica del Corriere, 9 maggio 1948; “Gli uomini delle tenebre al lavoro” in La Domenica del Corriere, 16 maggio 1948; “L’anticristo precede il Messia” in La Domenica del Corriere, 23 maggio 1948
- ↑ McKale, Donald (1981). Hitler: The Survival Myth. Stein and Day
- ↑ Giornale dell’Emilia 24 settembre 1946; Corriere Lombardo 24 settembre 1946
- ↑ Durante l’ondata del 1947, in alcuni documenti dei militari americani si parla di voci secondo cui i russi avevano già allestito una flotta di bombardieri intercontinentali a reazione, basati sul progetto Ho XVIII dei fratelli Horten.
- ↑ E’ molto probabile che una gran parte di tali voci fossero fatte circolare dai servizi di informazione dei paesi occidentali per alimentare la paura della potenza militare sovietica e quindi giustificare nuovi progetti. Per esempio, nel 1948 i servizi di informazione americani ricevettero la notizia che i russi avevano allestito una flotta di 1.800 bombardieri a reazione, basati sullo sviluppo del progetto tedesco Ho VIII.
- ↑ The Sun (Baltimore) 8 luglio 1947
- ↑ The Evening Sun 10 luglio 1947; London Ontario Free Press 19 aprile 1947
- ↑ Halifax Herald 9 luglio 1947
- ↑ The Seattle Times 28 giugno 1947
- ↑ Kenn, Thomas (1999). Maury Island UFO: The Crisman Conspiracy, p. 53. Lilburn: IllumiNet Press
- ↑ Harrisburg Telegraph & Corpus Christi Caller Time 9 luglio 1947
- ↑ La Patrie 12 luglio 1947
- ↑ The Rhinebeck Gazette 17 luglio 1947
- ↑ The Fresno Bee 27 luglio 1947
- ↑ Zunneck, Karl-Heinz (2001). Geheim-Technologien 2. Schleusingen: Amun Verlag
- ↑ Denver Post 9 novembre 1947
- ↑ Medord Mail tribune 23 dicembre 1947
- ↑ Diaro Da Noite 5 + 11 + 17 novembre 1948; O Dia 7 dicembre 1948; Diario da Noite 8 dicembre 1948
- ↑ Diario Da Noite 17 novembre 1948
- ↑ Orizzonti ottobre 1954
- ↑ I dischi volanti erano ancora in buona parte considerati come possibili armi segrete, visto che solo tra il dicembre 1949 ed il gennaio 1950 negli Stati Uniti un articolo di Donald Keyhoe sulla rivista “True” aveva popolarizzato in modo sistematico e strutturato, come credibile, la possibilità che si trattasse di veicoli spaziali extraterrestri, sebbene l’idea fosse già ben presente nella cultura popolare dell’epoca. Infatti tale idea dei dischi come astronavi, in particolare di origine marziana, era già presente, seppure in modo relativamente marginale, sulla stampa americana durante l’ondata del 1947.
- ↑ The Salem News, Greeley Daily Tribune 10 marzo 1950
- ↑ Diario Trabalhista, A Noite 15 marzo 1950; Folha da Manhã 16 marzo 1950; Parana-Norte 23 marzo 1950; Folha da Manhã 28 marzo 1950
- ↑ Un chiaro aggiornamento delle proprie affermazioni alla luce dello spazio dato dalla stampa in quei mesi all’ipotesi che i dischi volanti avessero un’origine extraterrestre.
- ↑ Il Mattino dell’Italia Centrale, 27 marzo 1950
- ↑ Corriere d’Informazione 29-30 marzo 1950; Il Giornale d’Italia 31 marzo 1950; La Sicilia 2 aprile 1950
- ↑ Scienza e Vita maggio 1951
- ↑ Neu Presse, 27 marzo 1950; Die Strasse 9 Aprile 1950
- ↑ Il Giornale dell’Emilia 30 marzo 1950; La Provincia di Cremona 23 aprile 1950
- ↑ Luftfahr. Untertassen. Sie fliegen aber doch. In Der Spiegel 30 marzo 1950
- ↑ Meier H.J. (1975). Luftfahrt International 9
- ↑ Galveston Daily News 2 aprile 1951
- ↑ Flugkreisel, irdisch. In Heim und Welt 2 aprile 1950
- ↑ The North Adams Transcript 3 aprile 1950
- ↑ Alto Adige 3 aprile 1950
- ↑ Il Giornale dell’Emilia 5 aprile 1950; Il Nuovo Cittadino 5 aprile 1950; Il Messaggero 5 aprile 1950
- ↑ Corriere Lombardo 22-23 aprile 1950
- ↑ L’Ordine & La Sicilia 18 aprile 1950; Il Secolo XIX 20 aprile 1950
- ↑ Il Momento 20 + 21 +22 aprile 1950
- ↑ La Provincia di Cremona & Corriere del Popolo 23 aprile 1950
- ↑ 7 Tage 27 novembre 1954
- ↑ “Das gab’s – die fliegende Untertasse der deutschen Luftwaffe” in “ZB, Illustrierte für Menschen im Atomzeitalter”, n. 25, dicembre 1957
- ↑ Keyhoe D. (1950). The flying saucers are real. New York: Fawcett, 119-121
- ↑ Fenoglio R. (1951). “Progetti Italiani esperienze tedesche i “dischi volanti”. ALI, 134-135
- ↑ Il Lavoro 13 maggio 1952
- ↑ Diario da Noite 14 maggio 1952
- ↑ La Sicilia, Il Giornale dell’Isola, Corriere di Sicilia, Il Secolo XIX e La Nazione Italiana del 15 maggio 1952
- ↑ Diario Popular 16 agosto 1952; O Cruzeiro 20 settembre 1952
- ↑ Lo stesso giorno, il quotidiano tedesco “Frankfurter Nachtausgabe” riprese la medesima notizia proveniente dalla Francia.
- ↑ Brænne O.J. (1992). “Legend of the Spitzbergen saucer” in International UFO Review. December, pp. 14-20
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- ↑ F.I.G.U. Bulletin (6), febbraio 1996
- ↑ “Erste “Flugscheibe” flog 1945 in Prag enthuellt Speers Beauftrager”, Welt am Sonntag 25 aprile 1953
- ↑ Roboanti qualifiche sono state attribuite ad altri protagonisti delle leggende dei dischi nazisti, Vesco compreso, nell’ovvio tentativo di inventare una reputazione ed una credibilità ai personaggi.
- ↑ I Vrashyni (Atene) 13 maggio 1953
- ↑ Stuttgarter Zeitung 23 settembre 1954; Allgemeine Zeitung Mainz 1 novembre 1954
- ↑ La Sicilia e Il Giornalde dell’Isola 2 novembre 1954
- ↑ Allgemeine Zeitung Mainz 1 novembre 1954; La Provincia di Cremona 5 + 23 novembre 1954; Corriere d’Informazione 11 novembre 1954; La Tribune de Genève 18 novembre 1954
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- ↑ Il Resto del Carlino & Il Tempo 12 ottobre 1954
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- ↑ Partecipò, per esempio, al congresso del Centro Studi Cliepoelogici di Torino del 26 settembre 1965, proprio per presentare il suo progetto.
- ↑ L’Eco di Bergamo 13 giugno 1969
- ↑ Il Secolo XIX 14 dicembre 1973
- ↑ The Daily Mail 17 agosto 1953; The Lethbridge Herald 26 agosto 1953
- ↑ “Das gab’s – die fliegende Untertasse der deutschen Luftwaffe” ZB, Illustrierte für Menschen im Atomzeitalter 25, dicembre 1957
- ↑ Altre informazioni sulle dichiarazioni di Klass furono pubblicate dalla rivista “Bergische Post”.
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