La vera storia degli UFO nazisti (vecchia versione)

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La vera storia degli UFO nazisti

Cosa sono

Per “UFO nazisti” si intendono i presunti velivoli a forma discoidale che sarebbero stati progettati e/o realizzati dai tedeschi sul finire della Seconda Guerra Mondiale e, stando ad ulteriori, più recenti versioni della leggenda, sviluppati al punto da diventare vere e proprie astronavi interplanetarie ed addirittura interstellari.

Le storie si possono dividere in due filoni principali abbastanza diversi tra di loro: uno nato nel 1947, contemporaneamente all’apparire dei dischi volanti, e sviluppatosi a partire dal 1950, l’altro, intorno ai primi anni ottanta del secolo ventesimo. In ogni caso non esiste alcun documentato riscontro storico, ma soltanto dichiarazioni di pretesi inventori per il primo filone e ancora più bizzarre elucubrazioni, spesso fantascientifiche, per il secondo.

 

  Le Origini del Mito

Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale i servizi segreti alleati ricevettero una grande quantità di segnalazioni frammentarie, per lo più delle voci, relative a nuove e fantastiche armi in corso di sviluppo da parte dei tedeschi. Una parte di esse si riferiva al vero sviluppo delle V-1 e V-2 o di altri sistemi d’arma, ma molte altre parlavano di fantastici armamenti che spesso sconfinavano nell’immaginazione (missili giganteschi, bombe distruttrici di vario tipo, raggi della morte, ecc …) e di cui non si trovò poi alcuna traccia storica nei documenti conosciuti catturati alla fine delle ostilità.

A partire dai giorni successivi all’armistizio sul fronte europeo e fin quasi alla fine degli anni ’40 la stampa riportò assai spesso notizie relative alla scoperta di progetti tedeschi di nuove armi segrete, soprattutto circa missili ed aerei a reazione, di concezione avanzatissima. Furono pubblicate anche notizie, sempre presentate con una certa aura di mistero, su armi che sembravano uscire dai fumetti di fantascienza: bombe congelanti, gas paralizzanti, raggi della morte, aerei in grado di volare a 10.000 miglia all’ora, enormi satelliti artificiali dotati di specchi per bruciare il nemico e così via. Tra gli altri, nel 1947 il giornalista italiano Lugi Romersa sul settimanale “Oggi” riferì di essere stato testimone dell’esperimento, condotto nell’ottobre 1944 sull’isola baltica di Ruegen, dell’esplosione di una fantomatica “bomba disgregatrice” assai simile negli effetti ad una bomba atomica[1]. Nel 1947 il divulgatore scientifico francese Albert Ducrocq pubblicò un libro dedicato all’argomento delle armi segrete tedesche[2] (in seguito usato come fonte primaria da altri autori e giornalisti, anche italiani) dove accanto ad armamenti e progetti realmente esistenti erano presentati altri che erano del tutto sopravvalutati ed altri ancora che appartenevano con ogni probabilità al regno della fantasia. Lo stesso anno un giornalista argentino pubblicò un libro[3] in cui si affermava che Hitler era scappato da Berlino e, per mezzo di un convoglio di sottomarini di ultima generazione, si era rifugiato in Patagonia o in Antartide, portando con se il meglio dei progetti più avanzati della tecnologia nazista.

Fin dall’immediato dopoguerra una serie di articoli giornalistici, di racconti[4] e di fumetti propagarono l’idea che Hitler fosse ancora vivo o che almeno i suoi scienziati fossero scappati in qualche località remota da dove stavano mettendo a punto delle armi rivoluzionarie per conquistare il mondo. Un curioso libro che toccava questo argomento fu pubblicato in Italia nel 1948[5], mentre lo stesso anno il settimanale “La Domenica del Corriere” pubblicò una serie di quattro articoli[6] in cui si suggeriva che i dischi volanti (ma anche i misteriosi sottomarini osservati nelle acque di diverse nazioni, soprattutto in SUdamerica) fossero delle armi di gruppi di nazisti fuggiti al crollo del Terzo Reich. La letteratura prodotta da allora sul mito della sopravvivenza di Hitler, spesso legata ad una scienza mirabolante, è stata copiosa sia da parte di gruppi neo-nazisti o a loro vicini, sia da altre fonti. [7] Già in occasione delle osservazioni di “razzi fantasma” sulla Scandinavia (e sulla stessa Italia) circolarono delle voci che vedevano in quei misteriosi ordigni dei “razzi postali” per la comunicazione tra cellule naziste. [8]

Nel suo com  plesso l’idea espressa era forte ed affascinante: la malvagia scienza nazista aveva prodotto delle meraviglie tecnologiche quasi incredibili e forse ancora dell’altro. Ora questa tecnologia era stata catturata dagli Alleati (sopratutto dagli americani), ma anche dal nemico russo: il pericolo poteva giungere da armi segrete sovietiche sviluppate proprio sulla base di tecnologia nazista[9]. Nel corso degli anni della guerra fredda, soprattutto sino alla fine degli anni ’50, nei paesi occidentali girarono molte voci relative appunto ad improbabili quanto fantastiche armi russe, dischi volanti compresi, di cui poi non si rinvenne alcuna traccia[10]. L’idea del disco volante come invenzione terrestre fu anche alla base del primo lungometraggio dedicato ai dischi, “The Flying Saucer“, girato nel 1949 ed uscito negli Stati Uniti il 1° gennaio 1950, anche se il 15 febbraio 1949 era uscito il serial in quindici puntate “Bruce Gentry, Daredevil of the Skies”, in cui, per la prima volta sullo schermo, appariva un disco volante terrestre (con tanto di cupola, il tutto realizzato sotto forma di cartone animato) inventato dal cattivo di turno.

Durante l’ondata americana di avvistamenti di dischi volanti del 1947 una delle prime ipotesi fu proprio quella dell’arma segreta, amica o nemica. Fin dai primi di luglio apparvero sulla stampa le affermazioni di chi pretendeva di essere l’inventore dei dischi. Per esempio, un orologiaio di 34 anni di Chattanooga (Tennessee) disse di avere inviato fotografie e disegni di un modello di disco al Dipartimento della Guerra nel 1943, ma gli fu risposto che l’idea non era fattibile, consigliandogli di prendere contatto con l’industria aeronautica privata. Era però convinto che il governo avesse usato il suo progetto per produrre i dischi, che lui riteneva essere propulsi da “energia atomica” (mentre nel suo progetto era azionati da una cinghia di gomma).[11] Un tale ingegnere inglese di nome Ashlin, residente a Valparaiso (Cile) affermò che i dischi volanti erano delle armi segrete. Lui stesso aveva proposto nel 1940 un progetto simile al governo britannico, che, però, lo rifiutò. I dischi erano fatti di un metallo speciale e ruotavano su se stessi a velocità enormi. [12] Un idraulico di Vancouver (Canada) riferì di un proprio progetto per un aeromobile circolare a forma di doppio piatto, che, sebbene giudicato possibile, fu rifiutato dalla Boeing nel 1942[13].

Alcuni militari americani temevano che i dischi potessero essere velivoli sovietici sviluppati sulla base di progetti nazisti. Costoro facevano notare che la forma degli oggetti visti da Arnold era molto simile a quella del prototipo di caccia a reazione tedesco Horten Ho 229. Anche Fred Crisman, uno dei protagonisti del dibattuto falso di Maury Island del 1947, dichiarò di “avere letto su una rivista” che i dischi potevano derivare da una tecnologia catturata ai tedeschi. [14]

L’11 luglio 1947 un tale dottor T.Kelterborn (forse un dentista) scrisse al governatore americano di Francoforte una lettera in cui citava l’articolo di un quotidiano di Dortmund dedicato agli avvistamenti di dischi volanti negli Stati Uniti. Si presentava come l’inventore dei dischi: nel 1944 avrebbe mandato la richiesta di brevetto all’apposito ufficio di Berlino, senza pero’ ricevere alcuna risposta. La sua invenzione era probabilmente caduta nelle mani dei Russi, che stavano facendo volare i dischi nei cieli americani. Ovviamente si metteva a disposizione delle autorità americane per rivelare i dettagli della sua invenzione.

Un altro cittadino tedesco, Hans-Adalbert Ahuis, residente a Asnabruck, scrisse una lettera all’ambasciata USA in Germania il 16 Luglio. Si riferiva agli avvistamenti di dischi volanti in America, citando in particolare il ritrovamento di Roswell, ritenendoli seri e non frutto di visioni, e definendosi un esperto. L’uomo affermava di avere sviluppato, nel 1936, un modello di “disco volante”. Le sue prestazioni sarebbero state eccellenti e si offriva di proseguire la ricerca e lo sviluppo di questo aereo circolare in un qualche luogo degli Stati Uniti.

Sempre nel 1947, il 5 agosto, un tale Guido Bernhardy di Francoforte scrisse una bizzarra lettera al generale americano Clay per rivelargli il “segreto dei dischi volanti”. L’uomo affermava che durante la guerra aveva lavorato in una fabbrica sotterranea tedesca dove venivano sviluppati progetti avanzati di aerei a reazione e di avere saputo che un tale professor Maurer era coinvolto in alcuni progetti atomici destinati ad aumentare la gittata di missili. Inoltre due sensitivi si sarebbero rivolti a lui da poco, affermando di sapere che due professori tedeschi, il già citato Maurer e Kleistow, avevano creato per conto di Hitler (che era ancora vivo, essendo scappato a bordo di un sottomarino appositamente costruito dalla marina tedesca) i dischi volanti che erano stati visti nelle settimane precedenti. Si trattava di armi micidiali: Europa e Stati Uniti sarebbero stati in pericolo di distruzione, se gli Americani non fossero intervenuti per tempo. Tali dischi avevano una dimensione di 7,50 x 3,45 metri, volavano a “1.900 Km” (la stessa velocità riportata da alcuni quotidiani in relazione ai dischi visti in America) ed avevano un’autonomia “da 50 a 60.000 chilometri”. I dischi non sarebbero più apparsi fino al 27 agosto, data in cui ci sarebbero stati avvistamenti sul Texas e sul Kansas. Il 24 settembre di quello stesso anno si sarebbe dovuto tenere, alla presenza dello stesso Hitler, il test di lancio sottomarino di quelli che venivano indicati come “proiettili-disco”. [15] Sembra che l’uomo fu interrogato dagli stessi militari americani, che lo definirono come “sincero”.

Il Denver Post del 9 novembre 1947 pubblicava un articolo in cui si affermava che tre scienziati tedeschi avevano sviluppato in Spagna, sotto la protezione del generalissimo Franco, un “razzo elettromagnetico” che sarebbe stato responsabile degli avvistamenti di dischi volanti sopra il Nord America, nonchè di uno o due incidenti aerei.

Una curiosa notizia fu pubblicata da alcuni quotidiani il 14 maggio 1949: secondo alcuni ufficiali dell’aeronautica militare americana i dischi volanti erano macchine volanti che sfruttavano il principio del giroscopio e provenivano dalla Spagna, dove si erano rifugiati degli scienziati nazisti e forse lo stesso Hitler.

In questo modo l’apparizione di velivoli misteriosi caratterizzati da forme e da prestazioni fuori dal comune veniva subito messa in relazione con un immaginario altrettanto fuori dal comune: quello della misteriosa tecnologia nazista su cui tanto si favoleggiava. Ad essa si attribuivano possibilità prima impensabili e la paradossale fascinazione del male nazista aumentava la credenza che eventi così strani potessero essere ricondotti all’uso di tale tecnologia.

Curiosamente, il 24 marzo 1950 un tale Heinz Hausman dichiarò di avere scattato una fotografia ad un disco volante mentre si trovava sull’isola di Maiorca, L’oggetto era rotondo e mostrava cinque getti luminosi che uscivano dalla sua circonferenza, come prodotti da altrettanti motori. Il concetto dei dischi dotati di motori (a reazione!) collocati lungo il loro bordo era già stato abbozzato da alcuni illustratori, ma venne ripreso negli anni successivi da molti inventori di dischi volanti tedeschi e da un numero ancora maggiore di illustratori. A seguito di quella fotografia, stando ad una rivista italiana[16], un gruppo di ex-appartenenti ad uno speciale reparto della Luftwaffe inviarono una relazione al cancelliere tedesco Adenauer per manifestare il timore che i progetti del “razzo teleguidato V-7” fossero caduti nelle mani di una potenza straniera.

 

 

 1950: arrivano gli inventori dei dischi volanti

A partire dalla metà del marzo 1950 in Italia ed in altre nazioni dei continenti europeo ed americano si verificò una grande ondata di avvistamenti UFO, la prima di tale portata a livello planetario. In questo clima di rinnovato interesse per i dischi volanti (che erano ancora in buona parte considerati come possibili armi segrete, visto che solo tra il dicembre 1949 ed il gennaio 1950 negli Stati Uniti un articolo di Donald Keyhoe sulla rivista “True” aveva popolarizzato, come credibile, la possibilità che si trattasse di veicoli spaziali extraterrestri[17]) nacquero altre storie di inventori ed invenzioni tedesche per i dischi volanti.

Parecchi quotidiani americani tra il 10 ed il 12 marzo 1950 (per esempio “The Post Register” e “Oakland Tribune” del 10 marzo) riportarono che il principe Otto d’Asburgo aveva affermato, in una conferenza tenuta a Salem il giorno 9, che i dischi volanti erano dei velivoli russi in missione di rilevamento geografico. Secondo le sue affermazioni. alla fine della guerra i Russi avrebbero acquisito dai Tedeschi nove diverse armi della serie “V”, due delle quali erano state poi completamente sviluppate. Una di esse, grazie all’aiuto di scienziati tedesche, avrebbe poi dato origine ai dischi volanti osservati sopra gli Stati Uniti.

Il Giornale d'Italia 25 marzo 1950

Il Giornale d’Italia 25 marzo 1950

In Brasile, il quotidiano “Folha da Manhã” del 16 marzo pubblicò le dichiarazioni del tedesco Niels Cristiansen (una ex-spia nazista, il cui vero nome era Starzicny: vedasi il capitolo successivo), rilasciate in precedenza ad un quotdiano serale: i dischi volanti erano reali e lui, un ingegnere meccanico che si era formato all’università di Breslau con all’attivo un centinaio di brevetti di invenzioni, aveva partecipato allo sviluppo di uno di quei velivoli quando si trovava a Stettino. Sembrerebbe che tali dichiarazioni (che furono poi riprese nuovamente nel 1952) emersero per la prima volta nel 1948, quando il 5 novembre di quell’anno un altro quotidiano brasiliano “Diario do Tarde” ne parlò in un suo articolo.  Nell’edizione del 24-25 marzo 1950 il quotidiano “Il Giornale d’Italia” pubblicò in prima pagina (in almeno due versioni leggermente diverse) un articolo che probabilmente innescò in modo definitivo la leggenda dei cosiddetti “dischi nazisti”. In realtà la notizia fu pubblicata lo stesso giorno su numerosi quotidiani americani, proseguendo poi nei giorni 25 e 26, anche con articoli in prima pagina, grazie ai dispacci diffusi dalle agenzie Associated Press e INS (International News Service). L’ingegner Giuseppe Belluzzo (1876-1952), un esperto di fama mondiale nel settore delle turbine e detentore di numerosi brevetti nonché ex-parlamentare e ministro durante il periodo

Giuseppe Belluzzo fotografato nel 1950 mentre legge la prima Giuseppe Belluzzo fotografato nel 1950 mentre legge la prima pagina de "Il Giornale d'Italia"pagina de “Il Giornale d’Italia”

fascista, affermava che i dischi volanti erano lo sviluppo di un progetto originale italiano del 1942, successivamente passato ai tedeschi, i quali lo perfezionarono. Alla fine della guerra i progetti sarebbero stati catturati, probabilmente dai russi che avrebbero poi costruito quelli che i testimoni occasionali chiamavano “dischi volanti”. L’articolo, firmato dallo stesso Belluzzo, era accompagnato da un disegno tecnico e altri ne vennero pubblicati due giorni dopo su un altro quotidiano [18], mentre la notizia venne ripresa da numerosi giornali italiani[19] e, in seguito, anche su una rivista di divulgazione scientifica. [20] Le argomentazioni di Belluzzo sarebbero state smentite qualche giorno dopo dall’ex generale Ranza dell’aviazione italiana. Fu così che la storia dei dischi volanti come armi segrete italo-tedesche fu ripresa da molti quotidiani in diverse nazioni, Germania compresa [21]: dopotutto appariva una spiegazione accettabile, visto il contesto in cui nasceva, e sicuramente meno fantastica della possibile origine extraterrestre. Il 1 aprile “Il Giornale d’Italia” pubblicava un commento di Belluzzo in risposta ad una lettera di un lettore sul suo articolo di una settimana prima.

Il quotidiano “Pomeriggio” del 29 marzo 1950 riferì la storia di un fisico tedesco di nome Walter Hesse che avrebbe progettato, durante la guerra, un “disco volante” dotato di turboreattori capaci di imprimere un forte movimento rotatorio. Alla fine della guerra scappò dal laboratorio segreto, controllato da un gruppo di SS, in cui lavorava, portando con sè tutta la documentazione sul progetto. Successivamente si consegnò ai Russi, i quali lo portarono in una base a collaborare con altri connazionali per continuare lo sviluppo dei dischi che Hesse, all’epoca riparato in Svezia, definiva come velivoli realizzati dai sovietici. La notizia fu riportata anche il giorno 30 dal quotidiano “Il Giornale dell’Emilia”.

Der Spiegel 30 marzo 1950

Der Spiegel 30 marzo 1950

Rudolf Schriever nel 1950 mentre sta disegnando uno schizzo della sua “invenzione”

Fu proprio in Germania che il 30 marzo 1950 il popolare settimanale “Der Spiegel”[22]pubblicò un articolo che sarebbe diventato un cardine principale dell’intera leggenda. Rudolf Schriever nel 1950 mentre sta disegnando uno schizzo della sua "invenzione"In esso si citavano le dichiarazioni di Belluzzo, ma, soprattutto, vi era intervistato Rudolf Schriever. Secondo l’uomo (nato l’8 dicembre 1909 e presentato come un ingegnere aeronautico, che a quel tempo lavorava come autista per l’esercito americano. In realtà aveva iniziato la sua attività come marinaio, per poi diventare pilota civile e quindi pilota collaudatore presso la società Eger, peraltro senza alcun background tecnico-scientifico specifico), lui aveva progettato una sorta di “elicottero a reazione” di forma circolare e di 14,4 metri di diametro, con tre motori a reazione collocati sotto le pale di un’enorme turbina al cui centro c’era la cabina di pilotaggio (3,6 metri di diametro e 3,2 metri di altezza), capace di alzarsi in volo verticalmente e di prestazioni eccezionali (6.000 chilometri di autonomia e 4.200 Km/h di velocità). Il 15 aprile 1945, a Praga, il progetto era quasi pronto, ma egli dovette fuggire per l’avanzata dei russi portando con se sia una copia dei documenti sia un modello del velivolo. Il 4 agosto 1948, però, progetti e modello gli furono rubati. Schriever riteneva che i progettisti che avevano lavorato con lui avessero realizzato la sua creatura per una potenza straniera (l’Unione Sovietica), dichiarandosi in grado di poterla riprodurre e di farla volare. Per lui i “dischi volanti” erano reali e sapeva bene cosa erano.

Il tema di fondo delle affermazioni di Schriever è simile a quello che altri pretesi inventori dei dischi volanti che apparvero in Germania a partire dal 1947: l’essere in grado di produrre dei velivoli con prestazioni avanzate (ma assolutamente improbabili dal punto di vista aeronautico, come alcuni esperti di aviazione hanno fatto notare[23], al di là della completa mancanza di riferimenti storici oggettivi presenti negli archivi ufficiali tedeschi), mettendosi a disposizione degli americani e conseguendo dei vantaggi economici in una situazione di vita difficile. Una situazione piuttosto simile riguardò, fino ai primissimi anni cinquanta, anche altri settori, per esempio quello dell’ancora misteriosa energia atomica. Tecnici e scienziati più o meno improvvisati e di diverse nazionalità si offrirono a vari governi per disporre di armi o tecnologie atomiche attraverso vie non convenzionali. [24]

La notizia della supposta invenzione di Schriever fu ripresa parecchie volte dalla stampa tedesca nei giorni successivi, ma anche da numerosi giornali internazionali (tra cui molti americani, con articoli in prima pagina, talvolta completi della ricostruzione grafica del velivolo). Il 2 aprile il settimanale “Heim und Welt”[25] p  resentò ancora l’intervista all’uomo, aggiungendo tre illustrazioni che mostravano la “trottola volante” a terra ed in volo, illustrazioni che sarebbero state riprese nel novembre 1954 dalla rivista francese “Tout Savoir”.

Die Strasse 9 aprile 1950 - Ricostruzione dell'elicottero a reazione di Schnittke

Die Strasse 9 aprile 1950 – Ricostruzione dell’elicottero a reazione di Schnittke

Il settimanale “Die Strasse” di Amburgo del 9 aprile 1950 pubblicò un ampio articolo corredato da un’ampia illustrazione di una sorta di elicottero a reazione. In esso si accennava alle dichiarazioni di Belluzzo sulla stampa italiana e al fatto che l’ingegnere avesse affermato che con lui avevano collaborato due ingegneri tedeschi, Kurt Schnittke di Regensburg e un certo Rentel, che nel 1945 sarebbe passato con i sovietici, aiutandoli, con altri tecnici tedeschi, a costruire i loro “dischi”. Un giornalista del settimanale rintracciò Schnittke, ma non è chiaro se fu veramente Belluzzo a parlare dei due tedeschi o se invece fu lo stesso Schnittke e/o “Die Strasse” a creare un tale collegamento per creare un sostegno indiretto alle proprie dichiarazioni (un atteggiamento questo piuttosto frequente nelle storie degli “UFO nazisti”). Al momento, non si è a conoscenza di altre fonti (eccetto la tedesca “Volkszeitung” del 22 aprile 1950, che molto probabilmente riprese quanto pubblicato dal settimanale di Amburgo) che riportano affermazioni di Belluzzo di questo tipo. L’atteggiamento di fondo dell’articolo (come della maggior parte degli altri sullo stesso argomento pubblicati dalla stampa tedesca) può definirsi “patriottico”. Schnittke affermava che il contributo dei tedeschi al progetto di Belluzzo era stato fondamentale: lui aveva cominciato a lavorare sul progetto di un velivolo ad ala rotante, il cui compito era quello di esplodere in mezzo alle formazioni di bombarideri, fin dal marzo 1943. Si trattava di un corpo centrale vagamente sferoidale (contenente i serbatoi del carburante, gli apparati di radiocontrollo ed un carrello di atterraggio) a cui erano fissate due ali di 26 metri di lunghezza e 3 di larghezza (un progetto successivo avrebbe raddoppiato queste misure), che ruotavano vorticosamente attorno ad esso. Alle loro estremità, infatti, era collocato un motore razzo (dello stesso tipo usato per il caccia-razzo Me163). Il velivolo raggiungeva in un minuto la sua quota massima di 10.000 metri, assumendo di notte l’aspetto di un disco luminoso in virtù degli scarichi fiammeggianti lasciati dai motori che ruotavano.

Wochenend 13 aprile 1950 - Ricostruzione grafica di un progetto del 1938

Wochenend 13 aprile 1950 – Ricostruzione grafica di un progetto del 1938

Il 13 aprile “Wochenend” uscì con un articolo in cui un tale ingegnere Carl Wagner riferiva in una lettera di avere visto i progetti di un “disco volante” (in realtà un velivolo rivoluzionario a metà tra un elicottero ed un aereo tutt’ala) nel 1938 e di averne sentito poi parlare nel 1943. Le sue dichiarazioni, molto simili a quelle di Belluzzo, sarebbero state scritte e spedite prima della comparsa dell’articolo de “Il Giornale d’Italia”. La descrizione di questo disco era accompagnata da uno schema e da una rappresentazione artistica di grandi dimensioni, che mostrava il progetto: una cabina ovoidale attorno a cui ruotava un anello esterno su cui erano poste delle alette da ognuna delle quali usciva l’ugello di motore a reazione per fornire il movimento rotatorio all’anello stesso. Un altro jet era posto nella parte posteriore della cabina, un particolare questo che sarà ripreso da disegni successivi, soprattutto quelli presentati dal tedesco Klass intorno alla metà degli anni sessanta. C’era anche una piccola fotografia di Belluzzo intento a leggere la prima pagina del “Giornale d’Italia” con il suo primo articolo. Secondo l’esperto di aviazione tedesco Horst-Dieter Lux, intervistato dalla rivista, il progetto aveva senso e poteva essere definito come un nuovo tipo di elicottero, tecnicamente in grado di volare.

Nel primo numero del settimanale tedesco “Kristall”, uscito in una data imprecisata del 1950 fu pubblicato l’articolo “Wir konstruierten Fliegende Teller” (“Abbiamo progettato i piatti volanti”) in cui venivano presentati due distinti progetti. Il primo, di un tale ing. Georg Sautier (che secondo una fonte sarebbe uno pseudonimo usato da George Klein, di cui si parla nel capitolo successivo), era relativo ad un disco rotante attorno ad una cabina centrale, da cui emergevano quattro ugelli di scarico. Due illustrazioni ed alcuni disegni  mostravano graficamente l’idea del disco, che sarebbe stata negli anni successivi ripresa da altre fonti, tra cui un famoso articolo pubblicato sul numero 9 del 1975 della rivista aeronautica “Luftart International”. Uun paio di quelle illustrazioni erano le stesse pubblicate anche su “Wochenend” del 13 aprile, dove però il progetto era attribuito a Carl Wagner.

Pochi giorni dopo la pubblicazione delle dichiarazioni di Giuseppe Belluzzo il quotidiano “Il Giornale dell’Emilia”[26] pubblicò alcune notizie riferite da un ex-capostazione, tale Lino Saglioni (che sembra inviò una lettera al giornale proprio per confermare le dichiarazioni di Belluzzo). L’uomo affermava, sia per esperienza diretta che sulla base di informazioni ricevute da “persone degne di fede” negli ultimi anni della guerra, che degli scienziati italiani nel 1942 avevano osservato delle “manifestazioni casuali di fenomeni fisici” durante la sperimentazioni di turbine, concependo la possibilità di sviluppo di un nuovo velivolo denominato “sfera volante” (il riferimento indiretto a Belluzzo è palese). I tedeschi avevano poi ricevuto dagli italiani i progetti per lo sviluppo della nuova arma (una “sfera molto schiacciata ai poli”) ed avevano creato un apposito di centro di ricerca nel nord-est della Norvegia, non lontano dallo stabilimento dove veniva prodotta l’acqua pesante per le applicazioni atomiche. Saglioni sarebbe stato reclutato in un reparto speciale di commandos britannici destinato a sabotare quelle installazioni segrete, ma non partecipò all’operazione, che fallì con la morte di tutti soldati (stranamente ad opera della Gestapo, come riferì una fonte successiva[27]). Il rivoluzionario velivolo sarebbe stato radiocomandato mediante un sistema che gli scienziati tedeschi chiamavano “radiocomando acustico”. Dopo la guerra i progetti sarebbero stati perfezionati dagli anglo-americani prima e dai russi poi, diventando i “dischi volanti” osservati nei cieli. Sebbene le dichiarazioni dell’uomo mostrano ambiguità, sembrano essere riprese dalle vicende già romanzate dell’azione dei commandos britannici contro gli stabilimenti norvegesi dell’acqua pesante, e non hanno alcun riscontro storico, Renato Vesco fece sua questa storia e la usò per sviluppare le sue tesi in merito all’esistenza dei rivoluzionari caccia rotondi tedeschi “Kugelblitz” e “Feurball”, progenitori dei dischi volanti. Un altro “inventore”, Giovanni Dalla Bona, fu presentato dal quotidiano “Alto Adige”[28]: dichiarò che i dischi volanti erano stati inventati da lui, ma che i progetti furono poi inviati in Germania dalle autorità italiane nel 1939. Grazie alla diffusione delle affermazioni di Belluzzo prima e di Schriever poi, apparvero tutta una serie di personaggi che, anche negli anni successivi, si presentarono come i “veri” inventori dei dischi. Dopotutto, se i giornali avevano dato spazio ad altri, potevano darlo anche a loro e consegnarli qualche sprazzo di notorietà.

Wochen Echo, 21 maggio 1950

Wochen Echo, 21 maggio 1950

Alcuni quotidiani italiani[29] pubblicarono, intorno alla meta’ di aprile del 1950, le dichiarazioni di un certo Hans Kosinski, dichiaratosi ex-capitano della Luftwaffe, che si trovava a Perugia. Secondo l’uomo i servizi tecnici della Wermacht durante la guerra avevano sviluppato un potentissimo e rivoluzionario carburante che sarebbe stato poi utilizzato per la propulsione di un velivolo circolare. Nel 1944 questo effettuò il suo primo volo, dimostrando un’autonomia eccezionale ed una velocità ascensionale supersonica. Solo cinque esemplari vennero costruiti, successivamente nascosti per ordine di Hitler durante l’invasione della Germania. I conque dischi sarebbero stati quindi smontati e trasferiti nell’isola della Regina Maud, in Antartide. Questa notizia aveva al suo interno alcuni concetti (es.: il volo di prova nel 1944) che saranno ripresi due anni dopo ed oltre da altri pretesi inventori e testimoni, nonchè la curiosa saldatura tra le voci ricorrenti di fuga di scienziati nazisti (e dello stesso Hitler) in Antartide, all’interno di basi segrete, e la novità delle possibili fantastiche armi rappresentate dai dischi volanti.

Più in generale, comunque, molti commentatori affermarono a più riprese che i dischi volanti non erano nient’altro che velivoli terrestri particolarmente avanzati. Il 26 marzo il giornalista americano Walter Winchell affermò che i dischi erano di provenienza sovietica, ma il giorno dopo il radio giornalista Henry Taylor riassicurò la popolazione annunciando che i dischi erano armi segrete americane. L’articolo venne ripreso dalla stampa internazionale, dando poi origine ad altri interventi basati sul concetto che i dischi volanti erano comunque frutto della tecnologia di qualche potenza. Per esempio, nel numero del 22 aprile del quotidiano di Amburgo “Freie Presse” si affermava che questi velivoli erano mossi da turbine a reazione e che decollavano come un elicottero (probabilmente riprendendo le notizie degli inventori dei giorni precedenti). Il “Neue Presse” del 25 aprile riferiva che i dischi erano probabilmente deigli aerei “tutt’ala”, il cui studio era iniziato nel 1910 da parte del pioniere tedesco Hugo Junkers e che altri tecnici tedeschi avevano dato un contributo decisivo al loro sviluppo. Questa situazione tendeva a confermare reciprocamente e indirettamente le dichiarazioni degli inventori da una parte e quella dei commentatori che, dall’altra parte, stavano cercando di trovare un’alternativa più accettabile all’idea, che si stava sviluppando prepotentemente in quel periodo, per cui i dischi erano astronavi extraterrestri. Il risultato fu che le storie degli inventori ebbero sufficientemente credito e, grazie anche alle sopravvalutate possibilità attribuite alla scienza nazista, furono considerate quantomeno possibili, tanto da essere riprese regolarmente in considerazione negli anni successivi (anche per “invenzioni” successive alla fine della seconda guerra mondiale, come, per esempio, il disco di 1,5 metri di diametro del tedesco Curt Piltz[30]).

Amazing Stories luglio 1943 - Illustrazione interna

Amazing Stories luglio 1943 – Illustrazione interna

Assolutamente fantastica fu la copertina del settimanle “Wochen Echo” del 21 maggio: una grande illustrazione in cui un gruppo di dischi volanti che emanavano fasci di luce abbattevano una squadriglia di bombardieri americani! Il grande titolo annunciava che i dischi tedeschi avevano compiuto un miracolo durante i raid alleati su Schweinfurt del 1944 abbattendo 145 “superfortezze”. Tale episodio non trova riscontro storico, ma potrebbe essere stato l’ispiratore di un evento simile riportato prima da un quotidiano italiano del 1952 e poi dallo scrittore Renato Vesco. Curiosamente il disegno e la situazione descritta era molto simile ad un’illustrazione comparsa sul numero di luglio 1943 della rivista americana di fantascienza “Amazing Stories”: con un e vero e proprio anacronismo, essa ritraeva un classico disco volante, dotato di cupola, che sparava un raggio luminosi contro un gruppo di bombardieri in volo! Gli articoli che apparvero sulla stampa tedesca nella primavera del 1950 (e negli anni successivi, come la copertina a colori del tabloid “ZB Illustrierte”[31], che presentava un disco volante al di sopra di un gruppo di soldati tedeschi) erano permeati da una vena di patriottismo: i tedeschi erano gli inventori della meraviglia tecnologica di quei dischi volanti  che volavano indisturbati nei cieli di tutto il mondo.

Nel 1950 Donald Keyhoe pubblicò il suo primo libro[32], in realtà un’ampia estensione del suo famoso articolo “Flying Saucers Are Real” pubblicato sul numero di Gennaio 1950 della rivista “True”. Keyhoe riferì il contenuto della telefonata che gli fece un amico, tale John Steele, che gli confidò come i dischi volanti fossero in realtà dei velivoli britannici. Si trattava di dischi dalla superficie leggermente convessa, originariamente sviluppati dai nazisti. Verso la fine della guerra i britannici catturarono tutti i modelli, inclusi tutti i tecnici e gli scienziati tedeschi che avevano partecipato allo sviluppo del progetto. I primi modelli vennero sviluppati in Inghilterra a partire dalla primavera del 1947, ma dimostrarono problemi di controllo a distanza e si muovevano ad alta quota in tutte le direzioni, tanto da generare osservazioni in varie parti d’Europa. La base di questi dischi venne poi trasferita in una zona remota dell’Australia, con operazioni basate sui cieli dell’oceano Pacifico e coadiuvate dal supporto della marina. In seguito un’altra base fu costruita in una remota area dell’Hudson Bay, in Canada. Probabilmente questa storia fu uno degli elementi che contribuì alla nascita dell’idea di Renato Vesco in merito all’origine britannica (sulla nase di progetti tedeschi) dei dischi volanti.

  Altri inventori, solite storie 

Nel 1951 le storie di Belluzzo, Schriever, Saglioni e di altri furono riprese da un appassionato torinese di aviazione e missilistica, Alberto Fenoglio, sulla rivista di aeronautica “Ali”[33]. Come in altri articoli, l’autore non citò le sue fonti, probabilmente un collage degli articoli apparsi sulla stampa nel corso del 1950, anche se alcuni dettagli appaiono inediti (ma l’attendibilità di Fenoglio, a detta di tutti gli studiosi, è molto discutibile sia in relazione a questo articolo che ad altri). Due schizzi dello stesso autore mostravano in pianta la parte superiore ed inferiore di un disco propulso da tre motori a reazione Junkers modificati: si trattava di una versione da caccia, che, concepita verso la fine del 1944, sarebbe stata quasi pronta nell’aprile 1945. Si trattava del progetto di un “piatto volante” pilotato, dotato addirittura di una cupoletta centrale trasparente, dove il pilota alloggiava in posizione prona: proprio come una parte della pubblicistica dell’epoca rappresentava (fin dal 1947) il classico disco volante. Il disco aveva un diametro di sedici metri ed uno spessore massimo di tre e la sua descrizione, come quella di altri due tipi, uno da “bombardamento lontano” e l’altro antiaereo (anche addirittura in una versione “falciante”), appariva piuttosto ingenua. Non è stata nessuna altra fonta contemporanea per questo progetto di disco pilotato nè del suo ideatore, un anonimo “ingegnere piemontese” che lavorava con molti assistenti in un laboratorio in caverna.L’impatto di questo articolo fu marginale, vista la diffusione della rivista, ma contribuì ulteriormente a formare le tesi dell’italiano Renato Vesco (futuro autore di tre libri) in tema di dischi volanti realizzati dagli inglesi sulla base di progetti segreti tedeschi. Sempre nel 1951, il numero di maggio della rivista di divulgazione scientifica “Scienza e Vita” nell’ambito di una sua ampia inchiesta sui dischi volanti, citò molto brevemente una nuova intervista fatta a Belluzzo, senza peraltro aggiungere nessun nuovo dettaglio.

L’anno successivo apparvero sulla scena nuovi personaggi. Le dichiarazioni di un certo Nils Christian Christensen, tedesco detenuto a Rio de Janeiro, furono pubblicate sulla stampa italiana il 15 maggio 1952[34], sulla base di un dispaccio di agenzia del giorno precedente e che citava il quotidiano brasiliano “Diario de Noite”. Christensen, il cui vero nome era Josef Jacob Johannes Starzicny, era stato il capo di uno dei due gruppi spionistici dell’Abwehr nazista in Brasile, durante la seconda guerra mondiale. In realtà, come indicato nel capitolo precedente, le sue dichiarazioni erano state pubblicate dalla stampa brasiliana già nel marzo 1950: probabilmente il rinnovato interesse per i dischi volanti nel Brasile di quel periodo (generato dalle clamorose, ma false fotografie di Barra de Tijuca) fece riapparire la storia. L’uomo affermava di potere costruire un disco volante, in quanto la tecnologia era stata inventata durnate la guerra, a Stettino, dal “centro sulle armi segrete” della decima armata del Terzo Reich, durante gli anni 1939-1940 (precedenti la sua partenza per il Brasile e “in anticipo” rispetto alle date fornite dalle altre storie sui “dischi nazisti”). Il velivolo era teleguidato ed aveva eccezionali prestazioni, addirittura 30.000 miglia all’ora a 20.000 metri di quota, che lo rendevano un’arma ideale per il bombardamento e per la ricognizione. Presunte successive dichiarazioni dell’uomo[35], riprese dai giornali nel giugno e nel luglio successivo che citavano il quotidiano brasiliano “Ultima Hora”, modificarono alcuni dati e prestazioni, ed aggiunsero che il disco era propulso da una serie di turboreattori posti lungo la circonferenza. Inoltre, gli avvistamenti di dischi volanti erano reali, in quanto una potenza vincitrice della guerra probabilmente aveva sviluppato il prototipo che era stato fatto volare con successo sopra il mar Baltico ed ora era in possesso di questa tecnologia avanzata. L’uomo propose alle autorità brasiliane di riprodurre il velivolo. L’offerta di quello che i Russi avevano già probabilmente realizzato fu il tema principale di quasi tutti i pretesi inventori di quel periodo: il loro obiettivo era quello di migliorare la loro posizione economica (o addirittura la libertà, nel caso di Christensen), sfruttando la paura della minaccia sovietica e la promessa di fornire una super-tecnologia derivante da qualche segreto nazista, che poteva anche essere plausibile alla luce delle “meraviglie” realmente trovate tra i talvolta incredibili progetti germanici. La moglie di Starzicny scrisse nel giugno 1952 una lettera al capo di stato maggiore dell’aeronautica militare americana, ribadendo le affermazioni del marito e confermando la disponibilità del medesimo a realizzare in tre o quuatro mesi il progetto originale della “nave spaziale”, se aiutato da altri tecnici. Secondo lei la situazione era urgente per il mondo libero occidentale: sottointendendo che i dischi visti nel mondo fossero russi, dichiarava che solo una “nave spaziale” poteva distruggerne un’altra.

Il 31 maggio 1952 il quotidiano tedesco “Westdeutsche Allgemeine” pubblicò un articolo con il titolo “Il disco volante era pronto nel 1944”, ma non si e’ a conoscenza del contenuto. Il quotidiano parigino “France-Soir” il 7 giugno pubblicò la storia di un ingegnere tedesco di nome Richard Miethe, secondo cui aveva lavorato al progetto di un “elicottero circolare” supersonico che sarebbe stato sperimentato nel 1944 sui cieli del mar Baltico. Miethe, che si sarebbe rifugiato a Tel Aviv dopo essere stato espulso dall’Egitto insieme ad un gruppo di scienziati missilistici tedeschi, affermava che tale arma era contraddistinta dalla sigla “V-7”. Tale denominazione, in seguito, sarebbe diventata quasi sinonimo di “disco volante nazista”, anche se in nessun testo storico od opera documentata sui progetti innovativi tedeschi esiste alcuna evidenza della sua esistenza. Il velivolo descritto da Miethe appariva piuttosto inverosimile, simile ad un “disco olimpionico”, con un diametro di 42 metri ed addirittura dotato di 12 turbine a reazione collocate lungo un anello metallico che ruotava attorno ad una struttura centrale. Anche in questo caso le prestazioni erano eccezionali, seppure raggiunte dopo la morte di ben 18 piloti collaudatori: 21.000 chilometri di autonomia, grazie all’uso di un gas compresso a base d’elio. Le dichiarazioni di Miethe in alcuni punti risultavano molto simili a quelle di Christensen, incluso l’accenno al fatto che i Russi avrebbero catturato i motori del velivolo e tre ingegneri appartenenti al progetto. Ancora una volta, l’Unione Sovietica veniva indicata come la responsabile della comparsa dei dischi volanti, un argomento che ben si adattava ai timori dell’epoca. La leggenda[36] del disco volante russo precipitato alle isole Spitzbergen nel giugno 1952, definito come una “tipica V-7”[37], è un esempio di tali timori, sviluppati in questo caso sotto forma di storiella legata alle notizie di fantastiche armi segrete tedesche cadute in mano russa alla fine della guerra. Una variante di tale leggenda fa risalire l’origine del disco non ai Russi, ma bensì ai Tedeschi. Un prototipo di disco sperimentato a Peenemunde verso la fine della seconda guerra mondiale sarebbe sfuggito al controllo e quindi perso: quello ritrovato alle Spitzbergen sarebbe stato proprio quel disco nazista! Lo stesso giorno, il quotidiano tedesco “Frankfurter Nachtausgabe” riprese la notizia proveniente dalla Francia.

Il 14 giugno “France-Soir” pubblicò un secondo articolo, in cui venivano forniti ulteriori dati e dettagli tecnici sulla macchina volante. Tra l’altro la cabina centrale pressurizzata avrebbe potuto ospitare tre membri d’quipaggio, ma il velivolo poteva essere anche guidato via radio o radar. Secondo il quotidiano, Miethe tre giorni dopo l’uscita del primo articolo sarebbe stato invitato da una grande azienda americana a recarsi negli Stati Uniti per riprodurre là la sua invenzione (notizia riportata il 14 giungo anche dal quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung”). Certo è che Miethe non è una figura storicamente accertata, se non per la sua presenza negli articoli di stampa successivi a quello di France-Soir: una fotografia presentata in un libro dell’inglese Tim Matthews[38] pretendeva di riprendere Miethe nel 1933, insieme ad altri giovani esperti tedeschi di missilistica, tra cui Werner von Braun. Nessun resoconto storico o biografico su von Braun fa riferimento ad alcun personaggio di nome Miethe. Matthews riferiva che la foto era stata fornita a Bill Rose da un tedesco che era stato uno degli ultimi piloti a lasciare l’aeroporto di Praga, dove Miethe stava sviluppando il velivolo discoidale insieme ad altri e da dove fuggì egli stesso nel maggio 1945. Bill Rose è un fotografo inglese appassionato di aeronautica ed autore di un libro dedicato a progetti di aerei circolari[39], con una sezione dedicata ai supposti progetti tedeschi della seconda guerra mondiale, perealtro senza fornire fonti. Nella seconda metà degli anni novanta pubblicò degli annunci su delle riviste aeronautiche per trovare testimonianze relative alle storie dei dischi nazisti. Venne così in contatto con quel tedesco, che gli riferì anche di essere a conoscenza del volo di test del disco di Miethe e dell’esistenza di uno o più film a 16 millimetri che avevano documentato l’esperimento. A Rose furono addirittura mostrati alcuni fotogrammi. L’intera storia, comunque, non era supportato da alcuna evidenza storica documentabile.

Le dichiarazioni di Miethe nacquero essenzialmente sulla stampa francese: dopo “France-Soir” apparvero anche sulla rivista “La Marche du Monde” e quindi su “C’est la Vie” del 7 agosto. Il 6 settembre il settimanale italiano “Il Tempo” presentò un articolo, praticamente ripreso da “La Marche du Monde” (e firmato dal medesimo giornalista, Jacques Alain), corredato da tre fotografie (scattate da un ufficiale della Kriegsmarine) presentate come la prova del test in volo del disco tedesco sopra il Baltico, che sarebbe avvenuto il 14 aprile 1944. Le foto, molto probabilmente, erano artefatte e di tutt’altra origine. Nulla di nuovo, comunque: una era stata già pubblicata da “La Marche du Monde” e la stessa, insieme ad una seconda, su “C’est la Vie”. La stampa tedesca non rimase inerte davanti alla comparsa di questo nuovo filone e diede nuovamente spazio a Schriever, che probabilmente soffriva della presenza di un “concorrente” come il fantomatico Miethe e dell’idea di non essere più lui il “padre” dei dischi volanti.

Il 27 giugno 1952 il settimanale “Die 7 Tage” rispose subito alle notizie francesi riprendendo la storia di Schriever: questa volta i disegni del progetto gli erano stati rubati nel 1945, mentre si trovava rifugiato in Baviera con la famiglia. Inoltre, l’articolo sembra far suppore che l’uomo avesse già contattato le autorità militari americane dopo la diffusione,  nel luglio 1947, delle prime notizie sui dischi volanti. Pochi mesi dopo il “Deutsche Illustrierte” pubblicò un articolo intitolato “I dischi volanti un’invenzione tedesca” nell’ottobre 1952 in cui la storia di Schriever veniva riproposta con altro materiale: due diagrammi del disco, una sua foto in tenuta da aviatore, una sua foto con la famiglia e una lettera autografa che affermava essere una dichiarazione di interesse per la sua invenzione da parte di una nazione straniera. L’uomo raccontò però alcuni particolari diversi ed altri nuovi rispetto a quanto originariamente pubblicato da “Der Spiegel” nel 1950. La sua idea era nata nel 1941 per risolvere il problema della disponibilità di piste di atterraggio, fornendo la possibilità di decolli ed atterraggi verticali. Il 15 luglio 1941 lo sviluppo del progetto avrebbe avuto inizio ed un modello funzionante del velivolo sarebbe stato fatto volare il 3 giugno 1942, mentre un prototipo sarebbe stato realizzato verso la fine della guerra a Praga e lui stesso l’avrebbe pilotato (mentre in precedenza aveva detto che solo i progetti erano stati completati). I suoi progetti sarebbero stati rubati il 14 maggio 1945 mentre si trovava con la sua famiglia in Baviera. Questo complesso di contraddizioni rispetto alla versione originale rende ovviamente ancora meno credibile l’intera storia.

Il 1 agosto 1952 il giornale bavarese “Suddeutsche Zeitung”[40] riportava la storia dell’ing. Schnittke e del suo elicottero antiaereo, già uscita sulla rivista tedesca “Die Strasse” dell’aprile di due anni prima. Si riferiva anche di un altro progetto, sviluppato da uno scienziato in Austria e relativo ad una macchina volante (la cui descrizione era piuttosto simile a quella di Schnittke, per cui una confusione non è da escludere) che era in grado di librarsi immobile nell’aria. Nel corpo centrale era installato un apparato radar, i serbatoi della benzina e le “leve di comando”. Due superfici, una sopra l’altra, ruotavano vorticosamente attorno ad esso (fino a 22.000 giri al minuto), grazie a dei sistemi di razzi paralleli che sbucavano sulla tangente. Il velivolo, denominato “superficie volante” decollava obliquamente dal terreno.

Nel 1952 il giornalista italiano Luigi Romersa pubblicò sul settimanale “Tempo” una serie di articoli dedicati alle armi segrete tedesche della seconda guerra mondiale. Riprendendo l’argomento di attualità dei “dischi volanti” sviluppati dai tedeschi, Romersa dichiarò di essersi recato in Germania (pur senza presentare alcuna evidenza fotografica) e di avere intervistato Schriever[41]. Quest’ultimo gli confermò la sua storia e il volo di prova che effettuò con la sua invenzione. Le informazioni contenute nell’intervista (che Romersa ha ricordato in occasione di un’intervista per un documentario di Discovery Channel e nel suo ultimo libro di memorie, poco prima della sua morte[42]) sono però stranamente molto simili a quelle pubblicate dalla stampa tedesca nei mesi precedenti. A novembre di quello stesso anno, dopo le notizie di altri inventori contemporanei di dischi volanti (come il ventinovenne tedesco Wal­ter Schliesz­ke, la cui idea per un per un bizzarro disco dotato di eliche rotanti avrebbe dovuto farlo uscire dalla situazione di profonda indigenza in cui si trovava[43]), vari quotidiani[44]riportarono la notizia che l’allora trentacinquenne Schriever (quindi molto giovane all’epoca dei suoi progetti) aveva depositato domanda di brevetto per la sua invenzione di “trottola volante”. Tre volte più veloce del suono, del diametro di 40 metri e con la capacità di atterrare e decollare in verticale, propulsa da motori a reazione o a pistoni, era il frutto di undici anni di lavoro: era però diventata molto più simile alla V-7 attribuita al suo “concorrente” Miethe che non alla sua originale descrizione del 1950.

Gli improbabili progetti di Schriever e Miethe sono stati “avvallati” anche dal contattista svizzero Eduard Billy Meier, secondo quanto gli fu riferito dal suo amico extraterrestre Ptaah, il quale comunque affermò che nessun disco tedesco volò mai[45]. Dopo l’11 gennaio 1953, quando il quotidiano canadese “Toronto Star” fece emergere le prime notizie del progetto AvroCar per lo sviluppo di un velivolo discoidale, alcuni articoli che riproposero le store dei dischi nazisti affermarono che Miethe lavorava in Canada proprio nell’ambito di tale progetto. Tutta la letteratura ufficiale e declassificata disponibile sul progetto Avrocar non fa però menzione della presenza del fantomatico tedesco.

 

 Nuove Comparse

Nel febbraio 1953 il quotidiano “Hamburger Morgenpost” pubblicò una importante serie di ben tredici articoli dedicati ai dischi volanti ed alle storie dei dischi nazisti, riprendendo e cristallizzando in maniera definitiva le dichiarazioni di Schriever degli anni precedenti. Uno di essi era intitolato “Abbiamo costruito i dischi volanti” ed era firmato da George Klein (che secondo il ricercatore tedesco Klaus-Peter Rothkugel era lo stesso Georg Sautier che aveva scritto un articolo sui dischi tedeschi sulla rivista “Kristall” nel 1950): in esso veniva affermato che la storia dei dischi volanti era nata nell’aprile 1941, allorchè Goering chiese ad un gruppo di progettisti riunito al ministero dell’aviazione di sviluppare aerei più veloci e con forme alternative. Il presunto volo di prova di un disco volante avvenuto a Praga il 14 febbraio 1945 veniva descritto nei particolari, citando la presenza del fantomatico Habermohl. Oltre la presenza di alcune ricostruzioni grafiche di sicuro impatto visivo, il quotidiano pubblicò anche la lettera di un tale Joachim Roehlike, che affermava di essere stato un pilota notturno durante la guerra e che, in tale posizione, tra il 1944 ed il 1945 fu informato dell’esistenza di “missili circolari”, già disponibili in un numero da cinque a quindici.

Nella primavera del 1953 il quotidiano tedesco “Welt am Sonntag”[46] pubblicò l’intervista a George Klein (che nella successiva pubblicistica legata ai “dischi nazisti” assunse svariati ed improbabili titoli e qualifiche, tra cui quello di collaboratore del ministro degli armamenti Albert Speer). Egli avrebbe visto il volo di prova di un disco il 14 febbraio 1945: in tre minuti sarebbe salito fino a 12.400 metri. Il velivolo avrebbe avuto una velocità di 2.200 Km/h, resistendo al calore prodotto grazie alla costruzione con speciali leghe metalliche. Sarebbe stato “guidato da raggi” e stabilizzato in volo tramite l’uso di giroscopi. Klein riprendeva le notizie diffuse dalla stampa nei due anni precedenti e le faceva proprie, arricchendole ulteriormente. Secondo lui c’erano stati due distinti progetti: uno capeggiato da Miethe e orientato alla realizzazione di un disco di 42 metri di diametro, l’altro da Schriever (che morì proprio due settimane prima, secondo lo stesso Klein: non c’erano, quindi, più personaggi accertati che potessero confutare le sue affermazioni. In realtà Schriever morì il 16 gennaio 1953 a seguito di un incidente d’auto, anche se qualcuno, per mantenere viva la leggenda, ha messo in dubbio la sua morte) e da un certo Otto Habermohl (o Habennohl) per la costruzione di un un velivolo caratterizzato da un anello circolare e da una cabina sferica centrale. Lo sviluppo avveniva a Praga e poco prima dell’arrivo dei Russi progetti e materiali furono distrutti, mentre i tecnici fuggirono. Lo stesso Miethe, in modo molto romanzesco, sarebbe fuggito addirittura a bordo di un caccia-razzo Me-163: viste le caratteristiche e la limitata autonomia del velivolo questo particolare appare quantomeno improbabile. L’articolo (che venne ripreso anche da altri quotidiani stranieri[47]) era corredato da una fotografia in cui Klein mostrava all’intervistatore, il dottor Werner Keller, una grande rappresentazione, in pianta e di profilo, del disco.

Nel gennaio 1954 la stampa riportò una serie di notizie relative all’esistenza di dischi volanti sovietici, realizzati sulla base di progetti tedeschi e con il contributo di scienziati germanici. Il “Kas­se­ler Zei­tung” dell’11 gennaio 1954 affermava che i famosi dischi volanti osservati a partire dal 1947 erano russi, ma sviluppati grazie a studi tedeschi iniziati molti anni prima. Il giorno dopo il “Ba­di­schen Neu­e­sten Nach­rich­ten” riferiva che un ingegnere tedesco era tornato in germania dopo otto anni di lavoro in una base segreta siberiana. Là, insieme ad altri tecnici tedeschi, aveva collaborato ad un rivoluzionario velivolo denominato Cow 7 (i primi sei prototipi si erano rivelati un fallimento). Aveva avuto modo di osservare i decolli verticali di questi dischi, che in pochi secondi sparivano alla vista, grazie ad una velocità ascensionale di circa 1.000 Km/h. Erano dotati di dodici reattori, proprio come la famosa V-7 nazista (stessa numerazione, curiosamente). L’uomo aveva lavorato alla costruzione della cabina centrale, fatta di vetro al quarzo e rinforzata, al cui interno trovava sistemazione un equipaggio di quattro uomini. Tale cabina rimaneva immobile, mentre attorno ad essa ruotava vorticosamente l’anello su cui erano montati i reattori.

La rivista tedesca “Die 7 Tage” il 25 aprile 1954 pubblicò un articolo intitolato “I tedeschi hanno inventato i dischi volanti”, comprendente due schizzi del disco di Miethe. Goering avrebbe ordinato fin dal 1941 la costruzione di velivoli discoidali: ci sarebbero stati due progetti, uno sviluppato da Schriever (di cui si accennava la “misteriosa” morte l’anno precedente) e l’altro da Miethe. Quest’ultimo progetto era originariamente destinato ad un velivolo da bombardamento, di 42 metri di diametro e dotato di turboreattori. Poi, tra il 1944 ed il 1945, fu prevista una cabina posta non al centro del disco, ma alla sua periferia, in modo da collocare al centro il “giroscopio stabilizzatore”. Questa bizzarra configurazione fu addirittura ripresa da almeno un produttore francese di giocattoli, che realizzò un disco volante in latta (probabilmente intorno alla metà degli anni cinquanta) praticamente della stessa forma. La stella rossa presente sul disco probabilmente indicava una possibile origine russa, anche se la scritta “Terra-Marte” induceva a pensare ad un uso spaziale. Il disco di Miethe era dotato di dodici reattori, di cui sono i numeri 8 e 12 venivano usati durante il volo di crociera, mentre gli altri trovavano impiego durante le manovre. Il loro getto poteva anche essere orientato verso il basso per permettere lo stazionamento del velivolo.

Sembra che alla fine di luglio vi fosse una voce secondo cui il cargo svedese “Smoken” aveva preso a bordo tre fuggiaschi russi, mentre si era perso nella nebbia in territorio russo. Si trattava di tre ingegneri che erano scappati da una zona proibita, dove venivano costruiti degli oggetti volanti. Ogni giorno fino a 20 velivoli a forma di disco venivano lanciati verticalmente, per poi atterrare parecchie ore dopo sulla tundra, simili a dei dischi fiammeggianti. Gli ingegneri affermavano che i velivoli potevano trasportare “300-800 persone” ad una velocità media di 7.000 Km/h. Dei tecnici tedeschi erano coinvolti nel loro sviluppo.

George Klein (a destra) ed il suo intervistatore

George Klein (a destra) ed il suo intervistatore

Georg Klein riapparve nel 1954, durante la gigantesca ondata europea di avvistamenti UFO. Numerosi quotidiani[48], inclusi molti italiani[49], riportarono la notizia, proveniente da un articolo pubblicato dal “Tages Anzeiger” (Zurigo) del 18 settembre 1954. In esso veniva presentata una lunga intervista a Klein (il quale si sarebbe recato direttamente alla redazione del giornale, ancora una volta con una riproduzione in grande formato del disco di cui parlava), ricca di dettagli tecnici sulle caratteristiche del disco, riproponendo praticamente la stessa storia dell’anno prima e citando in modo distorto Belluzzo

Il disegno originale presentato da Klein

Il disegno originale presentato da Klein

 

(“Bellouzo”, errore che fu perpetuato dalla maggior parte delle fonti successive come “Bellonzo”), il cui ruolo veniva ridotto a quello di collaboratore di Schriever. Esistevano due tipi di dischi: uno di 16 metri di

Ricostruzione del disco di Miethe

Ricostruzione del disco di Miethe

diametro e 5 reattori, l’altro di 42 metri di diametro e con 12 reattori (quest’ultimi dati sembrano essere ripresi dalle precedenti storie relative al ritrovamento di un disco volante, indicato come “russo”, che sarebbe avvenuto nel 1952 alle isole Spitzbergen. Klein però affermava che si trattava di un prototipo tedesco là precipitato). L’uomo affermava di trovarsi in Svizzera per presentare un modello di disco volante in scala ridotta ed azionato da energia elettrica: voleva raccogliere i fondi necessari per realizzare un prototipo capace di ospitare due o tre persone.

Quasi un mese dopo, lo stesso giornale nell’edizione del 16 ottobre pubblicò un lungo articolo firmato “Georg Klein”, che riassumeva le sue precedenti dichiarazioni, citando anche il progetto canadese AVRO e presentando un paio di schizzi del “disco Miethe”, peraltro già pubblicati da “Die 7 Tage” nell’aprile precedente. Klein ribadiva lo sviluppo di dischi di 42 metri di diametro, a partire dal 1941-1942, i cui primi esemplari erano radiocomandati da un operatore che ne seguiva il volo, via radar, da una torre di controllo. Esaltava la superiorità della forma a disco nella costruzione di velivoli ad alte prestazioni, dilungandosi nei dettagli tecnici del disco, la cui paternità era sempre attribuita a Miethe. Ancora una volta la leggenda del disco precipitato e trovato alle isole Spitzbergen veniva messa in relazione con la caduta, molti anni prima, di un prototipo tedesco. Questa tendenza ad impossessarsi di altre notizie, integrandole nel contesto dei propri racconti in modo da acquisirne più credibilità, fu comune a buona parte degli inventori di dischi degli anni cinquanta, tendenza che, comunque, è sempre stata propria di chi ha proposto improbabili storie che dovevano essere accettate (a partire dai contattisti ufologici fino ad inventori più o meno credibili). Klein, in particolare, costruì una propria struttura di riferimento prendendo quanto era stato già pubblicato dalla stampa negli anni precedenti ed organizzando quelle storie in modo da limitare le loro incongruenze originali. Ognuno dei quattro personaggi coinvolti acquisiva un proprio progetto autonomo e piuttosto distinto dagli altri. La leggenda che Klein fu in grado di riprendere e perpetuare si fondava su un elemento fondamentale: nessuno dei personaggi coinvolti poteva intervenire per confutarla o togliere spazio a Klein stesso: Belluzzo e Schriever erano morti, mentre Miethe e Habermohl probabilmente non esistevano affatto!

Fantastic Adventures novembre 1947

Fantastic Adventures novembre 1947

La rappresentazione dei dischi tedeschi con improbabili motori a reazione collocati in vario modo alla loro periferia deriva probabilmente da varie situazioni. I motori a reazione erano la soluzione propulsiva più avanzata del momento ed erano associate direttamente alle meraviglie tecnologiche delle armi segrete tedesche, logico quindi che venissero usati anche in relazione a questa nuova, ulteriore, meraviglia. La forma discoidale del velivolo ed il movimento rotatorio ad esso associato determinavano la disposizione dei motori in modo da imprimere tale movimento. Ma gli “inventori” dei dischi non proposero nulla di nuovo. L’immagine del disco propulso da motori a reazione era già stata ampiamente diffusa da stampa e fumetti (e, in modo un po’ diverso, anche dal primo film con una trama imperniata sui dischi volanti, “The Flying Saucer”, uscito negli Stati Uniti nei primi giorni del gennaio 1950). Addirittura, la controcopertina del numero di novembre 1947 della rivista americana “Fantastic Adventures” pubblicava (nell’ambito di una trattazione che indicava nei dischi volanti il ritorno degli antichi dei – extraterrestri – dell’Egitto e di altre civiltà scomparse) due schizzi di un disco volante dotato di una cabina centrale trasparente. Il velivolo era dotato di 12 motori a reazione (in quattro gruppi a tre), proprio come nella fantomatica “V-7”.

Le dichiarazioni di Klein, come ha fatto notare lo studioso francese Joseph Altairac[50] inducevano a pensare ad un vero e proprio programma di sviluppo in grande stile e dotato di ampi mezzi, sia finanziari che umani. Le affermazioni della maggior parte degli altri inventori di dischi, al contrario, sembravano essere legate ad attività quasi artigianali e legate ad un singolo personaggio e all’aiuto di pochi collaboratori (quasi una riedizione della popolare figura del geniale inventore, in questo caso ancora più geniale perchè ammantato dalla tenebrosa e malvagia scienza nazista). Ma un programma di tali dimensioni e finalità avrebbe dovuto generare, nonostante la segretezza, una qualsiasi minima traccia e documentazione storica: nulla è stato fin’ora trovato in merito. L’argomento è sempre stato di forte fascinazione ed impatto emotivo, capace di suscitare la curiosità, se non l’interesse, di molte persone. Questo è uno dei motivi per cui storie inventate e falsi opportunistici hanno probabilmente costellato quella che può essere definita come la “leggenda degli UFO nazisti” fin dalla sua nascita, ma ancora di più a partire dai filoni chiaramente fantascientifici nati nei primi anni ottanta (che hanno dato origine ad una ricca produzione di documentari, libri e pubblicazioni varie infarcite di astronavi naziste lanciate verso Marte e, addirittura, la stella Aldebaran, super armi e fantastiche tecnologie, antigravità, energie misteriose ed addirittura viaggi nel tempo). Uno scherzo, per esempio, fu pubblicato il 1 aprile 1972 (!) sulla rivista aziendale “Vereinigten Flugtechnischen Werker-Fokker GmbH”: un disco volante, di cui venivano presentate tre foto, era stato inventato dalla società aeronautica Fokker! In realtà si trattatava di un modellino creato alla belle e meglio e la cui immagine fu ripresa negli anni novanta anche da alcune pubblicazioni americane[51].

Le storie degli “inventori” vennero acquisite per veritiere o quantomeno possibili anche da parte di alcuni “studiosi” ed “esperti”, contribuendo a fornire alle storie stesse un sostegno di attendibilità che di certo non meritavano. Per esempio, la rivista “Tempo” del 23 settembre 1954 pubblicò un lungo articolo dell’esperto missilistico tedesco Hermann Oberth, che (nell’ambito di una sua teoria per la quale i dischi volanti erano veicoli extraterrestri) dava per certa l’esistenza della V-7[52], citando alcune delle caratteristiche che erano state divulgate dalla stampa negli anni precedenti.

Realtà Romanzesca 2 dicembre 1954

Realtà Romanzesca 2 dicembre 1954

Nel numero di ottobre 1954 della rivista italiana “Orizzonti” si riferì di un fascicoletto che sarebbe stato pubblicato di lì a poco a Berlino e dedicato ai dischi volanti come il risultato di uno dei progetti di armi segrete tedesche. L’articolo metteva insieme, in modo piuttosto confuso, alcune notizie relative agli inventori che erano apparsi sulla scena negli anni precedenti e riprendendo le notizie pubblicate dalla già citata rivista tedesca “Die 7 Tage” del 25 aprile. Per esempio, Rudolf Schriever veniva definito “notissimo asso e collaudatore” che sarebbe morto durante il collaudo del primo disco volante, nel 1941. Quattro anni dopo il prototipo definitivo era pronto, dotato di dodici motori collocati lungo la circonferenza e di una cabina centrale trasparente. Durante un volo di prova il disco telecomandato non rientrò alla base. Alcuni mesi dopo (secondo altre fonti, “dopo la guerra”) una pattuglia inglese avrebbe ritrovato alle isole Spitzbergen i rottami di un velivolo non convenzionale: si trattava del disco tedesco lì precipitato.

Il 31 ottobre 1954 il “Wiener Echo” riferì la storia di un certo dottor Ronald Richter. Originario della Boemia e definito un personaggio bizzarro per le sue idee per produrre energia atomica con uranio per mezzo di un “metodo termico”, sarebbe riuscito ad ingraziarsi Hitler in merito alle sue idee per nuovi velivoli legati a “elettricità e magnetismo”, tanto da essere messo a capo di un gruppo di lavoro (ovviamente) a Peenemünde. Alla fine della guerra, Richter prese con sè tutti i documenti del progetto e fuggì in Argentina, dove divenne un protetto di Evita Peron. Sull’isola Huemul sarebbe stata costruito per lui un grande centro di sviluppo, in quanto il fine ultimo di Peron era quello di acquisire un’arma rivoluzionaria con cui fare diventare l’Argentina una grande potenza. La stessa fonte riferiva che numerosi quotidiani francesi avevano riferito le dichiarazioni di un tale Georges Grondeau, secondo cui Hitler si era rifugiato al polo sud e da lì faceva partire i dischi volanti, il cui sistema di propulsione era legato al campo magnetico terrestre.

Il settimanale italiano “Realtà Romanzesca” il 2 dicembre 1954 pubblicò un articolo riccamente illustrato dal noto disegnatore Curt Caesar, in cui si parlava di “dischi volanti” e, in particolare” di V-7 (indicate nell’articolo anche con il curioso nome di “ROSCH”, cioè Rotierende Scheibe). Venivano ripresi i dati pubblicati in passato in relazione alla storia di Miethe. Il 17 aprile 1944 il disco aveva volato a velocità supersonica a quasi 21.000 metri di altezza ed aveva un’autonomia di circa 31.000 chilometri (e poteva essere radiocomandato fino a 15.000 chilometri di distanza). Aveva dodici turbine disposte attorno ad un corpo sferico centrale, che rimaneva immobile. Al suo interno c’era la cabina per i tre piloti e l’alloggiamento per radio e radar. Visti i getti incandescenti che fuoriuscivano dalle turbine il suo aspetto in volo era quello di un “globo luminoso”.

La Fase finale dell’Origine dei Dischi Nazisti

Nel 1956 un ex-ufficiale del Genio dell’esercito tedesco, Rudolf Lusar, pubblicò un libro dedicato alle armi segrete tedesche della seconda guerra mondiale. [40] Sebbene contenente dati ed affermazioni discutibili in un’ottica di celebrazione patriottica, il libro diventò il lavoro di riferimento del settore e dedicò un paio di pagine anche ai “dischi volanti tedeschi”, presentandoli come velivoli realmente progettati e sviluppati. In realtà Lusar non fece nient’altro che basarsi sulle fonti giornalistiche degli anni precedenti, peraltro senza citarle. In ogni caso la presenza di tali storie su un testo ritenuto “serio” fu subito sfruttata dai sostenitori dei dischi nazisti quale una sorta di riconoscimento ufficiale, perpetuando dicerie ed inesattezze (per esempio, la storpiatura di “Belluzzo” in “Bellonzo”). La stampa riprese i contenuti del libro di Lusar[53] e del suo appoggio alle tesi degli inventori tedeschi, riesumando anche le storie di Klein e di Miethe apparse qualche anno prima.[54] Lusar, seconco altri fonti, durante la guerra era impiegato all’ufficio brevetti tedesco, ma sembra che non sia stato possibile capire la sua attività durante quel periodo (negli anni sessanta risultò iscritto per un certo periodo all’ordine tedesco degli ingegneri). Nel 1970 un altro libro di storia militare[55] riprese acriticamente le stesse storie, contribuendo alla perpetuazione della leggenda e fornendo un apparente connotato di attendibilità. Nel marzo del 1957 durante un’audizione parlamentare del direttore del NACA, Hugh L. Dryden, il deputato democratico del Texas Albert Thomas chiese a Dryden se era vero, come affermato nel libro di Lusar, che i tedeschi avevano sviluppato un disco volante nel 1945, capace di volare a 1.250 miglia all’ora alla quota di 40.000 piedi[56]. Dryden affermò che si trattava semplicemente di una trovata pubblicitaria per promozionare il libro. Molti articoli riferirono che la medesima considerazione era stata espressa anche dal famoso aviatore ed eroe di guerra James H. Doolittle[57].

Il tedesco Andrea Epp fu un figura piuttosto importante nelle leggende dei dischi nazisti. Il 24 aprile 1958 depositò il brevetto per un progetto di disco volante, culmine dei suoi studi durati 16 anni e nelle settimane successive moltissimi organi di informazione europei parlarono di questo “disco terrestre”: da allora cominciò ad apparire ripetutamente, nei successivi trent’anni, su numerosi quotidiani e riviste, stampa italiana inclusa. Più avanti Epp riprese anch’egli storie e personaggi degli anni precedenti, fondendo il tutto con un proprio ruolo attivo e modificando profondamente le sue dichiarazioni iniziali, rendendo il tutto poco credibile. Ulteriori dubbi derivano dal fatto che sia le dichiarazioni attribuite a Epp che le informazioni su di lui offerte da varie fonti sono spesso confuse e tra loro contraddittorie. Alcune pubblicazioni[58] dedicate a lui e, più in generale, ai “dischi nazisti”, indicano proprio in Epp il progettista di tutti i dischi che sarebbero poi stati sviluppati dagli altri personaggi della saga dei dischi nazisti (Schriever, Belluzzo, Habermohl e Miethe), proseguendo nel solco delle affermazioni fantasiose e prive di qualsiasi supporto storico.

Il suo progetto originario sarebbe stato alla base degli altri e più famosi progetti di dischi tedeschi: nel 1940 avrebbe realizzato il suo primo disco di 60 centimetri di diametro, caratterizzato da un anello di rotori e da una cabina centrale. Il progetto sarebbe stato dato in un primo momento al generale Udet, e sarebbe poi passato al generale Dornberger a Peenemünde, il quale, dopo un’attenta valutazione, lo avrebbe raccomandato. Uno speciale impianto di costruzione sarebbe stato realizzato a Praga, dove sarebbe stato allocato un gruppo di specialisti diretti da Schriever e Habermohl. All’inizio l’intero programma fu gestito dalla Luftwaffe, poi dal ministro degli armamenti Speer attraverso il capo ingegnere Klein. Nel 1944, insieme ad altir progetti di armi discoidali, fu acquisito dalle SS sotto la direzione del generale Klammer. Schriever modificò la lunghezza delle pale rispetto ai disegni originali del disco e questo determinò un’instabilità che non era ancora stata risolta quando arrivarono i Russi. Al contrario, Habermohl seguì le specifiche originali e riuscì ad effettuare due o tre voli di successo. Un secondo team sarebbe stato capeggiato (ovviamente …) da Miethe e “Bellonzo” in un’installazione a Dresda o Breslau, per poi convergere, secondo il frequentemente contradditorio racconto di Epp, a Praga. Quando arrivarono i russi tutti i prototipi e la documentazione fu distrutta: una parte dei tecnici scappò (di “Bellonzo” non si sarebbe avuta più traccia, mentre Miethe sarebbe addirittura scappato da Breslau a bordo di un caccia razzo Me-163, una palese assurdità), mentre altri, tra cui Habermohl, passò con i russi[59].

In un suo opuscolo Epp dichiarò di avere scattato due fotografie ad un disco il volo il 14 febbraio 1945 la stessa data che ricorre nelle storie precedenti), mentre in un’intervista contenuta nel documentario “UFO secrets of the the Third Reich” disse di averle scattate nell’autunno del 1944, mentre in una lettera del 1991 inviata all’autore Henry Stevens, le retrodatò all’agosto di quell’anno. Le foto, in ogni caso, ritraggono semplicemente una sagoma scura in lontananza, estremamente simile alle tante fotografie di dischi volanti “scuri” diurni che sono stati realizzati incollando una sagoma nera su un vetro. Epp presentò anche una lettera /dichiarazione del pilota Otto Lange, datata 10 luglio 1965, in cui l’uomo affermava che i dischi volanti erano stati realizzati sulla base dei disegni di Epp, a cui doveva essere riconosciuto tutto il merito. Lange stesso avrebbe guidato per circa 500 chilometri un disco. Secondo il ricercatore tedesco Rothkugel la calligrafia dello scritto è però proprio quella di Epp e la lettera un maldestro tentativo di fornire un supporto alle sue dichiarazioni.

Stando a quanto riportato da “Il Giornale d’Italia” del 25 agosto 1965 (e da altre fonti), nel 1939 avrebbe realizzato il primo prototipo, di dodici metri di diametro e dieci tonnellate di peso, capace di volare a duemila chilometri all’ora con due piloti di equipaggio. Le dichiarazioni del tedesco erano però un crogiuolo di errori e di imprecisioni: per esempio Schriever era dato ancora per vivo e tornato da poco dalla Russia, mentre Bellonzo (alias Belluzzo) era andato a lavorare negli Stati Uniti. Epp dichiarò che nel 1944 aveva sviluppato un altro disco, chiamato Omega, ben più grande: venti metri di diametro, otto motori, trenta tonellate di peso, otto uomini di equipaggio e 3.800 chilometri all’ora di velocità. Un modello in scala 1:10 di questo disco fu mostrato da Epp a partire dal 1958[60] : dotato di otto eliche intubate nel corpo del velivolo, possedeva anche due turbogetti che ruotavano alle estremità di un rotore fissato all’asse del disco, permettendo velocità fino a 5.000 KM/h. Secondo un articolo che la rivista aeronatuica “Alata” gli dedicò nel numero del maggio 1959, l’inventore tedesco avrebbe sperimentato il modello tra il gennaio ed il maggio del 1958, facendolo addirittura volare nell’estate di quell’anno.

Il modello dell' "Omega Diskus" di Epp

Il modello dell’ “Omega Diskus” di Epp

Epp nel 1965 si recò in Italia, proveniente da un analogo giro in Francia (ma era già stato in entrambi i paesi nel 1959 sempre per trovare dei finanziatori o compratori dei propri progetti: chiedeva tre milioni di lire dell’epoca per la realizzazione di un disco a due posti[61]) per presentare la sua invenzione, incontrando sia giornalisti che appassionati di dischi volanti[62] e dimostrando un gran bisogno di vendere la sua realizzazione. Quattro anni dopo si trovava di passaggio a Bergamo e venne intervistato da un giornalista locale[63]: questa volta, in piena febbre da conquista della Luna, Epp presentava il suo disco come un veicolo per il viaggio verso il satellite, allunaggio compreso, dichiarando che il disco di dodici metri di diametro era in fase di costruzione in una località segreta della Germania, ad opera di un consorzio europeo. Nell’autunno del 1973 era ancora in Italia, a Chiavari e raccontò nuovamente la sua storia ad un giornalista ligure[64] (grazie anche all’attualità dell’ondata di avvistamento UFO di quel periodo): il suo progetto veniva retrodatato al 1936 ed il primo prototipo al 1941, con la successiva costruzione di quindici velivoli. Epp ebbe un momento di notorietà già nell’estate 1953, quando addirittura alcuni quotidiani americani[65] (oltre a giornali e riviste di altri paesi) riportarono la sua foto e quella di un suo modello di aereo a reazione a pianta triangolare. L’uomo veniva presentato come un inventore che, dopo dieci anni di lavoro, aveva realizzato il modello di un aereo che avrebbe potuto volare alla fantastica velocità di 1.200 miglia all’ora. Secondo alcune fonti Epp raccolse dei fondi che gli permisero poi di costruire il modello di disco nel 1958, evoluzione di altri due progetti del 1946 e del 1954. Sorge però un interrogativo: perchè Epp, se aveva realmente per le mani progetti e notizie su un velivolo circolare, non sfruttò il momento del 1953 o addirittura prima, quando erano apparse le storie di Belluzzo, Schriever, Miethe e di altri, per farsi avanti? Forte di quanto raccontò solo a partire dal 1958, e di due foto che a suo dire mostravano un disco tedesco in volo, avrebbe potuto facilmente acquisire una notorietà superiore a quella degli altri “inventori” suoi diretti concorrenti. I racconti rilasciati da Epp nel corso del tempo sono tra loro contradditori ed assomigliano ad un tentativo, spesso maldestro (come i suoi progetti aeronautici, per i quali era costantemente alla ricerca di soldi), di acquisire una conferma storica sfruttando malamente personaggi ed informazioni apparsi sulla scena mediatica ben prima di lui.

Il quotidiano “Kasseler Zeitung” del 7 giugno 1957 presentò un nuovo personaggio: si trattava dell’ingegnere austriaco H. Fister, che stava pubblicando una serie di articoli sul quotidiano viennese “Der Soldat”. Secondo Fister i dischi volanti erano un’invenzione tedesca degli ultimi tempi della guerra. Lui, nel 1943, aveva iniziato lo sviluppo due nuovi razzi antiaerei (Akat 1 e Akat 2), ma presto le sue idee lo portarono a concepire un velivolo a formda di disco. Dotato di una parte centrale stazionaria e di una parte rotante che emetteva gas combusti luminosi ad altissima temperatura, sarebbe stato in grado di abbattere qualsiasi aereo, tagliandolo letteralmente a pezzi. Lo propose a Berlino al ministero dell’aviazione, ma la sua idea fu pronta in tre mesi. In effetti all’inizio del febbraio 1945 sarebbe stato possibile passare alla realizzazione di un prototipo di 7,1 metri di diamentro, 0,95 di altezza, capace di 3.000 km/h ad una quota massima di 30.000 metri. Ma era troppo tardi: la guerra finì e gli Alleati si impossessarono degli sforzi tedeschi. Fister lasciava intendere che la campagna condotta negli Stati Uniti a favore della provenienza extraterrestre dei dischi fosse in realtà usata dal governo americano per nascondere l’esistenza di queste tecnologie avanzate. Sempre nel 1957, la rivista tedesca “ZB”[66] pubblicò sul suo numero 25 una appariscente copertina a colori in cui alcuni soldati tedeschi della seconda guerra mondiale stavano osservando un disco volante, con insegne tedesche, a bassa quota. L’articolo all’interno riprendeva le classiche storie degli inventori già apparse sulla stampa negli anni precedenti.

Un altro “inventore” fece la sua comparsa in Germania intorno al 1964. Nel numero del 20 agosto 1966 del settimanale tedesco “Das Neue Zeitalter”[67] un laureato in economia (secondo l’autore, di dubbia affidabilità, Michael X Barton[68] era un radiotecnico che durante la guerra era stato coinvolto in “affari di stato segreti”) di nome Hermann Klaas riferì di avere inventato e costruito nel 1941 un piccolo disco volante, di 2,40 metri di diametro, propulso da un motore elettrico (un’altra fonte fa risalire il primo modello al 1939, mosso da un propulsore a benzina prima e a reazione poi). Secondo Klaas i dischi volanti, a quell’epoca, venivano costruiti sia dai Russi che dagli Americani. Riallacciandosi alle ormai consolidate “storie” del trio “Bellonzo”-Schriever-Miethe presentandole come vere (ma fondendo tra di loro in modo confuso notizie e circostanze), venivano presentati tre disegni che venivano proposti come le illustrazioni di quei progetti, basati sull’uso di motori a reazione orientabili. Il primo era attribuito all’ultimo prototipo di Schriever e Habermohl, sviluppato tra il 1943 ed il 1945. Il secondo era il primo modello del 1941-42, mentre il terzo rappresentava il primo tipo definitivo. I primi due mostravano tre sfere nella parte sottostante (richiamando in questo la popolare iconografia dei dischi volanti di George Adamski) ed addirittura un tubo che fuorisciva dal un lato del corpo del disco, chiamato da alcune fonti “Walter tube”, con funzioni di propulsione e “stabilizzazione”. Sembravano, comunque, una rielaborazione diretta del disegno presente nel libro di Lusar del 1956. Il terzo aveva una struttura più complessa con una torretta dotata di oblò, zampe di atterraggio ed una cupola inferiore: nel complesso assomigliava molto a parecchie delle illustrazioni di dischi volanti circolate a partire soprattutto dal 1950.

Lo stesso giornalista tedesco, due anni prima aveva pubblicato sempre sulla “Das Neue Zeitalter” (10 ottobre 1964) un articolo in cui si riferiva che i dischi volanti erano stati progettati durante la guerra dagli ormai scienziati (!) Bellonzo, Schriever, Miethe e Habermohl ed assemblati in misteriose basi segrete naziste localizzate in Sud America e in Sud Africa.

Dopo gli anni cinquanta la comparsa di inventori tedeschi (i cui principali erano ormai entrati a far parte della leggenda degli “UFO nazisti”) divenne sempre più rara: solo Andreas Epp, come si è visto, conitnuò a comparire regolarmente sulla scena, fino alla sua morte avvenuta nel 1997. Verso la fine degli anni settanta, lo scrittore francese Philippe Aziz (le cui fonti sono state ritenute da molti ricercatori poco o per nulla affidabili) menzionò in un suo libro[69], senza alcun riferimento bibliografico, una strana storia. Verso la fine della guerra Himmler fece stampare e lanciare sopra le demoralizzate linee tedesche una grande quantità di volantini in cui si riferiva della visione di un “pastore svedese”, in cui comparivano deei grandi velivoli rotondi, senza equipaggio, che lanciavano fuoco contro le città nemiche ed emettevano attorno a sè un “raggio della morte”.  Il 2 maggio 1980 la “Neue Presse” di Augsburg presentò le dichiarazioni del settantaseienne Heinrich Fleißner, secondo cui era stao il consulente tecnico per lo sviluppo di un velivolo discoidale capace di volare a 3.000 Km/h nell’atmosfera ed a 10.000 km/h al di fuori di essa. Il disco sarebbe stato sviluppato a Peenemünde, ma i suoi componenti venivano assemblati in diverse località sotto il più stretto segreto. Il 24 aprile 1945 una squadriglia di quattro dischi, ognuno dei quali aveva due piloti, sarebbe decollata da un aeroporto di Berlino per una destinazione sconosciuta. I dischi avevano dei serbatoi rotondi, separati, di idrogeno ed ossigeno. Erano dotati di jets che facevano ruotare, “silenziosamente”, la parte esterna, mentre i piloti eranno alloggiati in una cupola centrale trasparente e fissa. Il loro diametro era di 10 metri ed avevano delle zampe d’atterraggio per potere atterrare ovunque, anche sull’acqua, grazie a dei cuscini gonfiabili collocati all’estremità delle zampe stesse. Alla fine della guerra i disegni furono distrutti dai tedeschi e solo alcuni disegni di poca utilità caddero nelle mani dei Russi. Secondo Fleißner i dischi volanti erano i discedenti di quegli apparecchi, per il quale lui stesso presentò una domanda di brevetto nel 1955.

 

L’Eredità: Romanzi, Fumetti e Cinema

L’idea di fondo che i Nazisti possedessero tecnologie molto più avanzate del resto del mondo, quasi con connotati “magici” o comunque rivoluzionari, è stata ripresa ed ampliata da un gran numero di romanzi, fumetti e film. Tra queste tecnologie, quella dei dischi volanti ne rappresenta solo una relativamente piccola, ma significativa percentuale, mentre altre. come quella degli esperimenti medici e genetici (che sono alla base del sotto-genere filmico dei cosiddetti “Nazi zombies”) è particolarmente ricca. I romanzi sono numerosi ed alcuni sono stati scritti da autori molto famosi, nettamente inferiori le pellicole realizzate, come Død snø (2009, zombies), Outpost (2008, basato sulle recenti leggende originate dal polacco Igor Witkowski in merito alla fantomatica “The Bell”, un misterioso dispositivo costruito per misteriosi propositi, inclusi i viaggi nel tempo), S.S. Doomtrooper (2006, gli scienziati Nazi sviluppano un super-soldato, una specie di “incredibile Hilk”), Dead at the Box Office (2005, un film contenente un esperimento nazista di controllo mentale trasforma gli spettaori in zombies),  Urda (2003, un “anime”, dove un viaggiatore del tempo del 2112 torna nel 1943 con la sua capsula temporale e viene catturato dai nazisti, che vogliono usarla per vincere la guerra), River of Death (1989, un dottore nazista scappato in Amazzonia porta avanti terribili esperimenti genetici), Hell Hunters (1986, uno scienziato nazista in una base segreta del Sud America sviluppa un siero per trasformare gli uomini in zombie nazisti),  Le Lac des Morts Vivant (1981, zombies),L’Abîme des morts vivants (1981, zombies), Shock Waves (1977, zombies), Frozen Dead (1966, uno scienziato tiene in vita le teste di criminali nazisti per innestarle su dei nuovi corpi), The Flesh Eaters (1964, uno scienziato nazista su un’isola tropicale sviluppa degli organismi per mangiare letteralmente gli uomini), The Yesterday Machine(1963, uno scienziato nazista inventa una macchina del tempo per tornare nella seconda guerra mondiale ed alterare il corso degli eventi), She Demons (1958, in una base segreta nazista su un’isola deserta, uno scienziato conduce esperimenti genetici su donne), Counterblast (1948, uno scienziato nazi vuole sviluppare un’arma batteriologica contro gli Alleati vincitori), Women in the night (1948, alla fine della guerra un gruppo di nazisti sono a Shangai a difendere il segreto del generatore a raggi cosmici, mille volte più potente della bomba atomica, che servirà per conquistare il mondo), Rendezvous 24 (1946, un gruppo di scienziati nazisti in una base sottorranea segreta tedesca sta sviluppando un sistema per lanciare bombe atomiche a distanza)

L’idea dello scienziato-pazzo nazista o, più in generale, della scienza maledetta nazista è ala base di un gran numero di produzioni che hanno cominciato a diffondersi dai primissimi anni del secondo dopoguerra, diffondendola sempre di più e costituendo una base di riferimento più o meno indiretta per le storie degli inventori di dischi tedeschi. Questi ultimi, a loro volta, hanno ispirato altre produzioni letterarie e filmiche (esempio: il progetto Iron Sky), creando uno scambio che continua tutt’oggi tra finzione e storie presentate come autentiche. L’idea dello scienziato pazzo e l’ispirazione per una grande quantità di romanzi che fanno riferimento ad una qualche mirabolante tecnologia nazista deriva dalla mitologia creatasi a partire dalla fine del 1944 sui progressi tedeschi nel campo degli armamenti e, più in generale, della ricerca scientifica. Tale mitologia, probabilmente fondata e sviluppata sulla fascinazione del male nazista, deriva dalla combinazione di un substrato di fatti storicamente accertati (che ha costituito una base di riferimento comunemente accettata ed in grado di rendere possibile tanto altro) e di molte fantasie, create e divulgate nel corso del tempo per vari motivi.

Nel 1947 il noto scrittore di fantascienza Robert A. Heinlein pubblicò “Rocketship Galileo”: una spedizione americana sulla Luna trova una base nazista! Uno dei primi romanzi (un thriller di spionaggio) fu pubblicato in Francia nel 1952[70] ed aveva come protagonista un ingegnere tedesco che aveva lavorato sul motore di un disco volante nazista. I russi catturano un disco e ne costruiscono altri esemplari. Nel 1954 il francese Michel Lecler (alias Michel Lebrun) pubblicò Plutonium 239[71], in cui un disco volante alimentato da una pila atomica tascabile veniva costruito da alcuni scienziati nazisti, capeggiati da Adolf Hitler in persona, fuggiti in una base segreta in Svezia. Le caratteristiche del disco di fantasia furono dall’autore prese direttamente dalle dichiarazioni del 1952-1954 di Miethe e Klein, tanto che presentò una postfazione in cui affermava che i dischi volanti potevano essere di origine terrestre e, in particolare, provenienti da tecnologia nazista, oltre che riportare come credibile la storia che Hitler fosse ancora vivo. Nel 1958 fu pubblicato un interessante romanzo[72] che, per certi versi, sembra anticipare alcune delle tesi proposte negli anni successivi da Renato Vesco. Russi ed Americani avevano lanciato i loro satelliti artificiali nel 1953, i Russi erano già sbarcati sulla Luna e nel 1956 era cominciata la corsa per Marte! I risultati dei Russi derivano dal largo impiego di ex-scienziati nazisti, che hanno sviluppato una fantastica astronave ovoidale propulsa da “energia gravitazionale”.

A partire dal 1971, l’occultista neonazista Wilhelm Landig (1909-1997), un austriaco che aveva prestato servizio nelle SS, scrisse una trilogia di fantasia, “Götzen gegen Thule”, “Rebellen für Thule” e “Wolfszeit um Thule”, in cui venivano riprese e sviluppate le tematiche relative a armi segrete mirabolanti, dischi volanti nazisti e basi segrete sotto le calotte polari. Alcuni di coloro che cercano di perpetuare la moltitudine di improbabili e spesso sconclusionate storie legate agli UFO nazisti hanno indicato nei romanzi di Landig una fonte documentale e reale, mascherata sotto forma di romanzo.
Anche la leggenda, di origine polacca, della cosidetta “campana” (“Die Glocke” o “The Bell”) ha ispirato almeno tre romanzi tradotti in più lingue: “Black Order” (James Rollins, 2005), “Swastika” (Michael Slade, 2005) e “Black Sun” (James Twining, 2006).

 

Una versione aggiornata di questo documento è disponibile su WikiUFO.
La ricerca è opera di Maurizio Verga, dal 1983 studioso delle leggende dei cosiddetti “UFO Nazisti“.
(c) 2009-2014 Maurizio Verga

 

 Note e Fonti

  1. Da allora Romersa è stato citato in numerosi libri come testimone diretto dell’esistenza di una bomba atomica tedesca. Sia quest’ultima che quella descritta dal giornalista non trovano comunque alcun fondamento storico diretto. Stranamente, negli articoli di Romersa pubblicati su “Il Corriere della Sera” tra il 1944 ed il 1945 al suo ritorno dalla Germania non c’è assolutamente traccia di tale evento.
  2. Ducrocq, Albert (1947), Les armes secrètes allemandes. Paris: Berger-Levrault
  3. Szabò, Ladislas (1947). Hitler esta vivo. Buenos Aires: Editorial El Tabano
  4. Hauser, Heinrich (1946). Agarthi. In Amazing Stories 20(3)
  5. Caasy, Darius (1948). La distruzione del mondo? Hitler prepara …. Roma: Edizioni Rores
  6. “Il globo di fuoco satanico” in La Domenica del Corriere, 2 maggio 1948; “Il capitano Nemo minaccia New York” in La Domenica del Corriere, 9 maggio 1948; “Gli uomini delle tenebre al lavoro” in La Domenica del Corriere, 16 maggio 1948; “L’anticristo precede il Messia” in La Domenica del Corriere, 23 maggio 1948
  7. McKale, Donald (1981). Hitler: The Survival Myth. Stein and Day
  8. Giornale dell’Emilia 24 settembre 1946; Corriere Lombardo 24 settembre 1946
  9. Durante l’ondata del 1947, in alcuni documenti dei militari americani si parla di voci secondo cui i russi avevano già allestito una flotta di bombardieri intercontinentali a reazione, basati sul progetto Ho XVIII dei fratelli Horten.
  10. E’ molto probabile che una gran parte di tali voci fossero fatte circolare dai servizi di informazione dei paesi occidentali per alimentare la paura della potenza militare sovietica e quindi giustificare nuovi progetti. Per esempio, nel 1948 i servizi di informazione americani ricevettero la notizia che i russi avevano allestito una flotta di 1.800 bombardieri a reazione, basati sullo sviluppo del progetto tedesco Ho VIII.
  11. The Sun (Baltimore) 8 luglio 1947
  12. The Evening Sun 10 luglio 1947; London Ontario Free Press 19 aprile 1947
  13. Halifax Herald 9 luglio 1947
  14. Kenn, Thomas (1999). Maury Island UFO: The Crisman Conspiracy, p. 53. Lilburn: IllumiNet Press
  15. Zunneck, Karl-Heinz (2001). Geheim-Technologien 2. Schleusingen: Amun Verlag
  16. Orizzonti ottobre 1954
  17. L’idea che i dischi potessero essere astronavi, in particolare di origine marziana, era comunque già presente, seppure in modo relativamente marginale, sulla stampa americana che se ne occupò durante l’ondata del 1947.
  18. Il Mattino dell’Italia Centrale, 27 marzo 1950
  19. Corriere d’Informazione 29-30 marzo 1950; Il Giornale d’Italia 31 marzo 1950; La Sicilia 2 aprile 1950
  20. Scienza e Vita maggio 1951
  21. Neu Presse, 27 marzo 1950; Die Strasse 9 Aprile 1950
  22. Luftfahr. Untertassen. Sie fliegen aber doch. In Der Spiegel 30 marzo 1950
  23. Meier H.J. (1975). Luftfahrt International 9
  24. Galveston Daily News 2 aprile 1951
  25. Flugkreisel, irdisch. In Heim und Welt 2 aprile 1950
  26. Il Giornale dell’Emilia 5 aprile 1950; Il Nuovo Cittadino 5 aprile 1950; Il Messaggero 5 aprile 1950
  27. Corriere Lombardo 22-23 aprile 1950
  28. Alto Adige 3 aprile 1950
  29. La Sicilia 18 aprile 1950
  30. 7 Tage 27 novembre 1954
  31. “Das gab’s – die fliegende Untertasse der deutschen Luftwaffe” in “ZB, Illustrierte für Menschen im Atomzeitalter”, n. 25, dicembre 1957
  32. Keyhoe D. (1950). The flying saucers are real. New York: Fawcett, 119-121
  33. Fenoglio R. (1951). “Progetti Italiani esperienze tedesche i “dischi volanti”. ALI, 134-135
  34. Per esempio: La Sicilia, Il Giornale dell’Isola, Corriere di Sicilia, Il Secolo XIX e La Nazione Italiana del 15 maggio 1952
  35. Corriere d’Informazione 1-2 agosto 1952, Il Giornale dell’Isola 1 agosto 1952
  36. Brænne O.J. (1992). “Legend of the Spitzbergen saucer” in International UFO Review. December, pp. 14-20
  37. Saarbrücker Zeitung 28 giugno 1952; Berliner Volksblatt 9 luglio 1952; Der Flieger agosto 1952
  38. Matthews, Tim (1999). UFO Revelations. London: Blandford
  39. Rose, Bill – Buttler, Tony (2006). Secret project: flying saucer aircraft Hinckley: Midland Publishing
  40. Alto Adige 2 agosto 1952
  41. Romersa L. (1952). “Nel ’44 ho pilotato un disco volante” in Tempo, 11 ottobre 1952
  42. Romersa Luigi (2005). Le armi segrete di Hitler. Milano: Mursia. 139-144
  43. Bild 8 novembre 1952
  44. Corriere di Sicilia 14 novembre 1952; Frankfurter Allgemeine Zeitung 15 novembre 1952
  45. F.I.G.U. Bulletin (6), febbraio 1996
  46. “Erste “Flugscheibe” flog 1945 in Prag enthuellt Speers Beauftrager”, Welt am Sonntag 25 aprile 1953
  47. I Vrashyni (Atene) 13 maggio 1953
  48. Stuttgarter Zeitung 23 settembre 1954; Allgemeine Zeitung Mainz 1 novembre 1954
  49. La Sicilia e Il Giornalde dell’Isola 2 novembre 1954
  50. ALtairac, Joseph (1997). “Un mythe technologique: la léegende du V7”Scientifictions 1(2), 29-134
  51. Hamilton W.F. (1991). “Cosmic top secret”. New Brunswick: Inner Light Publications
  52. Flying Saucer Review 1 (2), 12
  53. Bild am Sonntag 7 febbraio 1957
  54. Neue Presse 20 novembre 1956; Das Neue Zeitalter 10 maggio 1957
  55. von Gottberg Hans (1970). Das große Buch der Bundeswehr. Reutlingen: Ensslin Laibling
  56. El Paso Herald Post 14 marzo 1957; The Fresno Bee Repubblican 14 marzo 1957
  57. News Tribune 14 marzo 1957; Star News 14 marzo 1957
  58. Kadmon (1999). Andreas Epp. Wien:Aorta
  59. Epp A.J. (2005). Die Realität Der Flugscheiben. Peiting: Michaels-Verlag
  60. Tempo 16 dicembre 1958
  61. Le Ore 2 maggio 1959
  62. Partecipò, per esempio, al congresso del Centro Studi Cliepoelogici di Torino del 26 settembre 1965, proprio per presentare il suo progetto.
  63. L’Eco di Bergamo 13 giugno 1969
  64. Il Secolo XIX 14 dicembre 1973
  65. The Daily Mail 17 agosto 1953; The Lethbridge Herald 26 agosto 1953
  66. “Das gab’s – die fliegende Untertasse der deutschen Luftwaffe” ZB, Illustrierte für Menschen im Atomzeitalter 25, dicembre 1957
  67. Altre informazioni sulle dichiarazioni di Klass furono pubblicate dalla rivista “Bergische Post”.
  68. Barton, Michael X (1968). The German Saucer Story. Los Angeles: Futura Press
  69. Aziz Philippe (1978). Les societes secretes nazies. Genéve: Editions Versoix. 229
  70. Bruce, Jean (1952). Angoisse. Paris: Fleuve Noir. Edizione italiana: “Angoscia” (1960). SAIE
  71. Lecler M. (1954). Plutonium 239. La Corne d’Or
  72. Ward H. (1958). L’enfer est dans le ciel. Paris: Del Duca